Al cinema dall’11 luglio distribuito da Lucky Red
Dopo il potente I miserabili, Ladj Ly aggiunge un altro importante tassello alla sua filmografia: Gli indesiderabili conferma l’urgenza di matrice sociale che muove il suo cinema, regalandoci un nuovo affresco di grande impatto.
La vicenda si svolge in un piccolo sobborgo vicino Parigi e inizia quando, dopo la morte improvvisa del sindaco durante la cerimonia di demolizione di un palazzo, il progetto di riqualifica del quartiere passa nelle mani del suo successore: un pediatra senza grande esperienza politica.
Quest’ultimo costruisce la sua campagna politica sulla paura e sul razzismo, con un atteggiamento securitario che è ormai diventato la bandiera politica della maggior parte delle istituzioni governative europee.
L’uomo intende riqualificare il quartiere a suo modo, demolendo l’edificio dov’è cresciuta Haby, una donna che lavora al municipio come stagista e che è anche una figura di riferimento per il quartiere e per il palazzo in cui abita: un enorme insieme di abitazioni in cui si mischiano culture e famiglie, ma che ha costruito nel tempo un suo complesso equilibrio.
Se ne I miserabili Ladj Ly si concentra sulla lotta tra popolo e forze dell’ordine, ne Gli indesiderabili racconta, con estremo realismo, le disastrose condizioni in cui versano gli abitanti dellle banlieue parigine e i loro tentativi di opporsi a politiche governative miopi e indifferenti. Realizza, così, un ritratto degli emigrati di seconda e terza generazione, che si sentono francesi ma vengono ingiustamente penalizzati dalle istituzioni politiche, totalmente disinteressate alle loro esigenze.
La scena madre della pellicola è il momento dello sgombero del palazzo, in cui panni, giochi, materassi, vestiti, televisori e accessori vengono tirati giù dalle finestre e salvati dall’imminente demolizione, vedendo intere famiglie private non solo di un alloggio, ma anche della propria identità.
Ne Gli indesiderabili assistiamo anche alle battaglie dei personaggi di Haby (Anta Diaw) e di Blaz (Aristote Luyindula), che diventano simboli di due diversi modi di dare voce al disagio sociale della popolazione del quartiere Les Bosquets: la legalità e il dialogo con le istituzioni da una parte e la violenza dall’altra.
Ladj Ly lascia che il discorso viri verso un populismo benefico che profuma di sconfitta: la sua opera seconda è emozionante, ma priva della carica sovversiva che attraversava il suo film d’esordio.
Se ne I Miserabili la gioventù parigina meno abbiente si ribellava vigorosamente alla polizia, ne Gli Indesiderabili gli abitanti della banlieue, umiliati ma non rassegnati, lottano per non essere cancellati, né fisicamente né nella memoria collettiva, da un’idea di “progresso” che calpesta identità e diritti.
Gli indesiderabili è, quindi, un film importante per le nuove generazioni francesi, anche e soprattutto per l’imminente situazione politica che si sta delineando nel Paese. Sempre audace e coraggioso, il cinema di Ly si conferma, cosi, capace di utilizzare il grande schermo come lente sul mondo e sulla società contemporanei.
Non tutto fila liscio come il primo film, però, specie a livello di scrittura, a causa di alcuni passaggi troppo didascalici e di un simbolismo spesso ingombrante. Gli indesiderabili, inoltre, mette forse troppa carne al fuoco, non riuscendo a focalizzare adeguatamente tutti gli aspetti e i personaggi messi in campo nella narrazione.
Se c’è qualcosa di memorabile in quest’opera, è però senza dubbio la presenza di Alexis Manenti, nei panni di un odioso Javert moderno, bravissimo a interpretare la crudele banalità della politica amministrativa locale, ormai sempre più priva di responsabilità sociale.
La regia è potente, pur se non innovativa, specie per chi ha visto e amato I Miserabili, con un uso massiccio di primi piani e macchina a mano per aumentare il pathos. Restano valide, inoltre, le intenzioni di denuncia, che riflettono lo spirito del tempo, guardando sempre all’urgenza delle cose.
Ilaria Berlingeri