Al cinema dal 23 maggio con Vision Distribution
A quarant’anni dall’uscita del libro di Barbara Alberti, il film omonimo diretto da Paolo Zucca
racconta una Maria ribelle e affamata di conoscenza, non più spettatrice passiva del proprio destino, ma coraggiosa artefice della propria esistenza.
Lei che sogna di imparare a leggere e scrivere, di scoprire l’Egitto, la Biblioteca di Alessandria e le meraviglie del mondo, di raggiungere quell’indipendenza e quella realizzazione personale che la società del suo tempo le vuole precludere. Lei che fugge costantemente dal ruolo di sposa che i genitori tentano di affibbiarle, così come da quello di oggetto inanimato, di cui gli uomini possono disporre a loro piacimento.
Incompresa, derisa, mortificata, Maria è dipinta come emblema proto-femminista all’interno di un mondo che ne rifiuta ogni afflato. Fino a quando l’incontro con il saggio Giuseppe segna un deciso cambiamento nella vita di entrambi. Perché Giuseppe viene da lontano, fa il falegname, ma prima di tornare a Nazareth ha visto il mondo ed è disposto a insegnare tutto a Maria. Così, i due si innamorano e sono quasi sul punto di abbandonarsi alla passione, fino a che l’arrivo dell’Angelo dell’Annunciazione non sconvolge i loro piani.
La Maria del film (e del romanzo) è più umana che mai e non più puro e irraggiungibile simbolo divino e virginale. Il suo coming of age passa attraverso la sessualità, la conoscenza e il bisogno di indipendenza, verso il recupero di quella consistenza umana che la divinizzazione di Gesù le ha fatto perdere.
Il film, alla stregua del romanzo, getta così uno sguardo nuovo, e ardito, su una grande figura femminile del primo cristianesimo. Certamente la più amata dai fedeli, ma anche la meno descritta dai Vangeli, perché intesa come mero ricettacolo del figlio di Dio.
Una Sardegna tellurica e vibrante, dove regnano gli uomini e i loro riti violenti, regala al film un realismo straordinariamente evocativo e poetico, unitamente a personaggi, uomini e donne del popolo, che formano una galleria di ritratti pasoliniani ed autentici.
Il film, visionario e revisionista, costruisce quindi un ponte ideale tra le violenze contemporanee e i soprusi arcaici di genere, regalandoci un racconto al contempo antico e contemporaneo.
Bravissimi, e addirittura sorprendenti, i due protagonisti, Benedetta Porcaroli e Alessandro Gassmann, così come ottima è la regia di Zucca, che mostra una ammirevole disinvoltura nel maneggiare i registri più diversi, spogliando la vicenda di ogni traccia di solennità per restituirle una quotidianità tutta terrena.
Speriamo che il nostro mercato sappia accogliere come merita quest’opera così coraggiosamente anomala.
Alessandra Broglia