Vincitore del premio per la miglior regia al Festival di Cannes 2023, arriva al cinema dal 9 maggio con Lucky Red
Il gusto delle cose è ambientato nella Francia del 1885 e racconta la storia della stimata cuoca Eugénie (Juliette Binoche) e del suo rapporto, professionale e sentimentale, con il raffinato gourmet Dodin Bouffant (Benoît Magimel), con cui collabora da 20 anni.
Il film del vietnamita trapiantato in Francia Tran Anh Hung, che torna alla regia dopo 7 anni, appartiene al fortunato filone delle storie d’amore che ruotano attorno alla cucina, ma non per questo ne ripropone gli stilemi.
Ispirandosi al libro del 1924 The Life and Passion of Dodin-Bouffant, Gourmet di Marcel Rouff, qui l’arte culinaria viene raccontata come ragione di vita, come passione bruciante e insaziabile.
Gran parte del film, infatti, è dedicata alla preparazione delle ricette che vedono impegnati fianco a fianco i due protagonisti in vista di una faraonica cena con i migliori amici di Dodin. Ed è tutt’altro che noiosa, anzi una vera gioia per gli occhi: una coreografia elegante e colorata, in cui il cibo, le vettovaglie, i piani di cottura, i mestoli sono parte integrante e anzi fondamentale della visione.
Se il meticoloso processo di preparazione delle pietanze viene mostrato quasi integralmente, il sonoro non è meno importante: lo sfrigolare dell’olio, il sobbollire del brodo e delle salse, i rumori delle stoviglie e dei cibi assaporati e masticati contribuiscono a rendere la pellicola sensoriale, tattile, immersiva. E a mettere in mostra una passione (per la cucina prima di tutto) e l’arte di una tecnica, ma altresì la responsabilità e il desiderio di una trasmissione di conoscenze (che trova nella piccola e dotatissima Pauline una discepola perfetta).
Anche i dialoghi sono per lo più incentrati sul cibo: le tecniche culinarie, il gioco sapiente di equilibri tra gli ingredienti, l’esaltazione del genio di Antonin Carême, padre dell’haute cuisine, e di Auguste Escoffier, grande cuoco, scrittore e divulgatore.
Insomma, l’unica cosa che conta è ciò che si può cucinare, perché è lì che si nasconde il vero sentimento, l’amore puro, la dedizione assoluta verso l’oggetto del desiderio. Proprio come dimostrerà l’innamorato Dodin alla sua Eugénie. Lui, che più di una volta le ha chiesto di sposarlo, senza però mai ottenere il suo assenso. Lei è insicura, preferisce non legarsi stabilmente, di modo che la loro relazione non scada nell’abitudine del quotidiano. Così, quando la salute di Eugénie subisce qualche contraccolpo, Dodin decide di fare qualcosa che non aveva mai fatto prima: cucinare per lei ed esprimere, cosi, i suoi sentimenti. Dimostrarle, cioè, in maniera assoluta e incontrovertibile, quanto profondo sia il suo amore.
Elegante e raffinato, il lavoro di Trần Anh Hùng deve buona parte della riuscita all’ottima alchimia fra i suoi interpreti Juliette Binoche e Benoît Magimel, che furono coppia a cavallo del millennio e che tornano a lavorare insieme a 24 anni di distanza da I figli del secolo, sul cui set si conobbero.
Le loro interpretazioni, misurate e carismatiche, dimostrano, ancora una volta, che ci troviamo di fronte a due dei più talentuosi attori del cinema francese contemporaneo.
Si potrebbe lamentare uno sviluppo narrativo non proprio avvincente, specialmente nel segmento centrale, ma indubbie restano la cura registica, la ricostruzione storica e la capacità di celebrare il patrimonio culinario transalpino attraverso il racconto di una passione totalizzante.
Carla Curatoli