Film di apertura di Alice nella città e vincitore di Un Certain Regard a Cannes 2023, arriva in sala il 1º febbraio con Teodora e poi in esclusiva digitale su Mubi
L’esordio nel lungometraggio di Molly Manning Walker affronta un tema spinoso come le prime esperienze sessuali e le loro conseguenze.
Lo fa raccontando l’estate di tre amiche che hanno appena terminato il liceo, Tara (Mia McKenna-Bruce), Em (Enva Lewis) e Skype (Lara Peake), e che trascorrono le vacanze in un villaggio cretese, tra alcol, discoteche, bagni di notte, passeggiate all’alba, scoperte e passioni fugaci.
Il divertimento, e ovviamente il sesso, tanto parlato e desiderato, sono gli obiettivi principali del loro viaggio. Eppure, How to have sex, si colora di sfumature oscure, che vengono a galla man mano che il racconto avanza e che traducono le emozioni contrastanti provate soprattutto dalla esuberante ma fragile Tara. McKenna Bruce, a questo proposito, è bravissima nell’incarnare una sessualità incerta, una consapevolezza elusiva, uno smarrimento inatteso che la metterà sempre più a disagio.
Il film, infatti, non inneggia alla frenesia e al fulgore della giovinezza, ma si concentra sugli alti e bassi di una vacanza che si rivelerà molto diversa da quanto immaginato. Il vuoto dopo l’estasi, la noia dopo il desiderio, il malessere dopo la scoperta, il silenzio dopo il caos, la voglia istintiva ed improvvisa di trovarsi in un altro posto.
Quello messo in scena dalla Walker è un vitalismo malinconico che ricorda il cinema di Kechiche, con quell’azzeramento della distanza tra spettatore e personaggi e la totale assenza di forzature registiche. Ma ricorda anche quel piccolo capolavoro di Aftersun di Charlotte Wells, per l’uso insistito della camera a mano, che sta letteralmente addosso ai personaggi, e la discrepanza fra l’ambientazione vacanziera e l’emergere di delusione e disincanto.
Così, mentre il tempo, in quella vacanza, appare come dilatato, eterno eppure velocissimo, la Walker cattura momenti, volti, pensieri e stati d’animo, regalandoci tre ritratti giovanili di cui ci ricorderemo a lungo. Coadiuvato da un’ottima fotografia, il suo è un film palpabile e sensoriale, schietto e mai giudicante, autentico e illuminante.
Non il solito coming of age con morale annessa, ma un interessante affresco sull’essere adolescenti oggi, che suscita molteplici e importanti riflessioni: il consenso e i suoi contorni sfumati, la pressione sessuale e la macchina del divertimento ad ogni costo, l’ingenuità e la paura mascherate da spavalderia, la volontà di autodeterminarsi attraverso il sesso anche a costo di mortificarsi, la discordanza tra ciò che facciamo e ciò che vogliamo, tra desiderio alimentato e reale partecipazione.
Paola Canali