Orso d’Argento al Festival di Berlino 2023 per la migliore interpretazione della protagonista Sofia Otero, arriva nelle sale italiane dal 14 dicembre con Arthouse
20000 specie di api, la delicata opera prima di Estibaliz Urresola Solaguren candidata a ben 15 Premi Goya, racconta il coming of age di chi non si identifica nella propria identità di genere.
Cocò ha 8 anni, ma si sente fuori posto senza ben capirne il perché. Certo è che non si riconosce nel suo nome di battesimo, Aitor, né nello sguardo e nelle aspettative delle persone che ha intorno. Nel corso di un’estate a casa della nonna, riesce, però, ad affrontare i propri dubbi e a trovare la sua vera identità, Lucia.
Il bel film di Solaguren esplora le emozioni, i disagi e le relazioni di una persona transgender: in questo caso una bambina, che agli sconosciuti si presenta con un nome da lei inventato e che guardandosi allo specchio si domanda cosa abbia di sbagliato, perché non si riconosca nel suo corpo, che invece è quello di un maschio. Se suo padre e sua nonna rifiutano categoricamente l’idea di trasformazione, sua madre e sua zia ne assecondano le attitudini: la prima non volendola costringere in rigide limitazioni di genere, la seconda tendendole la mano perché trovi la sua strada.
Solaguren si prende tutto il tempo necessario per sondare l’animo della sua giovane protagonista: abbraccia i silenzi, fa parlare gli sguardi, si sofferma sul microcosmo che la circonda, impreparato a comprenderla, perché legato a tradizioni familiari, sociali e culturali che pesano sul suo percorso di autodeterminazione.
Trattenuto, un po’ troppo dilatato nei tempi ed insistito nelle metafore, 20000 specie di api ha però all’attivo una giovane protagonista straordinaria, Sofia Otero, capace di reggere l’intero film sulle proprie piccole spalle.
Ma, a dire il vero, il film non sbaglia una sola faccia di quelle che vediamo sullo schermo, dotato di quel naturalismo di impronta francese, che fa vivere i personaggi senza filtri e artifici.
20000 specie di api, infatti, non si concentra solo sul percorso formativo di Cocó, ma coinvolge tutte le donne della sua famiglia: sua madre Ane (l’ottima Patricia López Arnaiz), che sta affrontando la separazione dal marito e deve fare i conti con la sua carriera artistica e professionale; la zia Lourdes (Ane Gabarain), un’apicoltrice con cui la nostra protagonista stabilisce un fortissimo legame e che la guiderà nel suo percorso di scoperta; e la nonna Lita (Itziar Lazkano) che, pur essendo molto affezionata a Cocó, non è pronta, come la comunità a cui appartiene, a venire a patti con il concetto di un’identità transgender in via di sviluppo.
Un film che trova la propria autenticità nell’aderenza alla terra e nel dialogo con la natura (la bellissima campagna basca in estate), ma che non esita a ricorrere ai simbolismi (le api e gli alveari) e alla spiritualità popolare (la storia di santa Lucia, l’immagine rubata di San Giovanni Battista) per dare voce ai tormenti e al percorso di riconoscimento della protagonista.
Ilaria Berlingeri