In scena dal 21 al 26 novembre
Riccardo D’Alessandro è il protagonista di IO CHE AMO SOLO TE, spettacolo di Lucilla Lupaioli e Alessandro Di Marco diretto da Alessandro Di Marco.
Con lui sul palco anche Alessandro Di Marco e Andrea Lintozzi.
Note di regia
Si tratta di un percorso, di un viaggio, eroico e doloroso al tempo stesso. Il percorso verso l’accettazione di sé, però, non è sempre agevole. Spesso, anzi, è doloroso, frastagliato, impervio e malagevole. Un percorso freddo e inospitale, di quelli che si pensa “meglio starsene qui, al caldo, sotto le coperte, senza cambiare nulla”. Perché ad uscire fuori il freddo è davvero troppo, il rischio di farsi male inaccettabile.
Si tratta di un uomo, che ripensa e rivede il suo passato e l’occasione, forse persa, di essere se stesso, di essere libero. Si tratta del suo racconto di una sera uguale a tante che, però, così uguale non è, perché, forse, avrebbe potuto cambiargli la vita. Si tratta della paura, del rimorso e del rimpianto.
Si tratta di due adolescenti, forti delle loro certezze e di un’amicizia inossidabile, che scoprono di amarsi in un modo che mai e poi mai avrebbero pensato possibile. Le certezze crollano, certo, arrivano la paura e il puro terrore di essere scoperti e derisi. Ma, al tempo stesso, la felicità. Rapida e terrificante, folle e inebriante. La felicità. La felicità di aver trovato lui, l’amico di sempre che si trasforma nell’amore che sempre, forse, si è cercato. Sensazioni contrastanti, che richiedono coraggio, comunicazione, condivisione. E Nicco e Vale, innamorati e terrorizzati, forse, a sedici anni, quel coraggio non ce l’hanno.
Secondo uno studio dell’Università di Edimburgo, un ragazzo su quattro che si suicidano tra i sedici e i venticinque anni, lo fa perché non riesce ad accettare l’idea di essere omosessuale, dunque deriso, escluso, emarginato dal gruppo o, nella peggiore delle ipotesi, bullizzato o picchiato. Gli adolescenti, peraltro, essendo in età scolare, sono molto più esposti degli adulti alle aggressioni, fisiche o verbali, a sfondo omofobico.
Questo testo vuole raccontare una storia come tante che parte dal ricordo, forte e doloroso, di un uomo che, alle soglie della mezza età, sente il bisogno di urlare al mondo la sua vera natura, che niente, nemmeno una moglie amorevole e dei figli adorati, hanno potuto cambiare. Il ricordo di un amore adolescenziale lo porta a rivivere, nella memoria, i momenti in cui, davvero, avrebbe potuto scegliere, se solo fosse stato più forte, più coraggioso. Se solo.
Sulla scena vediamo prendere corpo le memorie di quest’uomo che rivive il ricordo di un amore inaspettato e forte, rivelatore di una natura forse mai nemmeno sospettata. Una natura scomoda e terrificante, soprattutto quando si hanno sedici anni e un bisogno di essere parte di tutto, di non essere esclusi, mai, ad ogni costo.
La scena quasi vuota fa da sfondo alle parole consapevoli e meditate dell’adulto che, nella sua memoria, vede rivivere la leggerezza di un amore adolescenziale, fatto di un linguaggio diretto e immediato, di musiche rock martellanti, di rabbia e tenerezza. Come se, davvero, non ci fosse un domani.
Lui si ricorda tutto. Nonostante le rughe siano comparse intorno ai suoi occhi e gli anni lo abbiano appesantito, ricorda ogni minimo dettaglio. Si ricorda di quella sera, della musica, dei suoi occhi, dell’odore e della pelle. Del mistero, della trasgressione, della paura. E della sensazione di essere, per la prima volta, dove si deve essere. Perché è proprio in quel momento che ha capito che non esiste altro qui e ora che non sia nel suo respiro. Nel respiro di lui che sfiora le labbra e il collo.
Niccolò e Valentino si conoscono da sempre. Perché a 16 anni, a pensarci bene, il tempo è sempre. Nicco e Vale, che hanno accorciato i loro nomi perché non hanno il tempo di pronunciarli per intero, fanno tutto insieme e dividono tutto. La scuola, le interrogazioni, le partite di pallone, le birre, il fumo. Nicco e Vale condividono un tempo, l’adolescenza, che sembra essere sempre e per sempre. Un tempo che corre al ritmo accelerato di musica martellante nelle orecchie e birre a buon mercato, partite di pallone fino all’ultimo respiro, notti interminabili passate a parlare e sperare. Tutto corre e scorre, immutabile e rassicurante, fino a quella sera. La sera in cui, dopo una festa annebbiata dal fumo e dall’alcol, Nicco e Vale scoprono di potersi amare in un modo che mai, forse, avrebbero pensato. O che forse, chissà, era da sempre davanti ai loro occhi, ma guardarlo, anche solo pensare che potesse esistere, faceva paura, davvero troppa paura. Tutto è perfetto, come scoprire che l’amico di sempre è anche l’amore della tua vita, quello che, almeno in quel momento, credi possa durare in eterno perché è assoluto, perfetto e fondamentale. Ma arriva la paura, il terrore freddo e crudele del giudizio degli altri, delle famiglie, della scuola, del gruppo di amici. E di fronte a questo non bastano le parole, non basta la speranza che qualcosa possa cambiare, e soprattutto non basta l’amore. Perché si è troppo giovani, forse, per essere davvero coraggiosi. E allora, forse, è meglio stare con la maggioranza, ridere di un frocio di merda e sputargli in faccia, magari. Anche se quel frocio è proprio il tuo amico della vita, il tuo amore puro per il quale sai che potresti anche morire. Tutto, purché non si sappia niente di quei baci e di quelle carezze. E di quanto era bello stare ore insieme, anche soltanto a guardarsi.
Lui ha provato a perdonarsi, ci ha provato ogni singolo giorno della sua esistenza tiepida, fatta di bugie e di sorrisi a mezza bocca. Ha provato a sostituire quei sospiri con una moglie, una famiglia, giornate consuete come quelle di chiunque. Come se quel qui e ora, quella musica e la pelle di lui non fossero mai esistiti.
Si tratta di un percorso, di un viaggio, eroico e doloroso al tempo stesso. Il percorso verso l’accettazione di sé, però, non è sempre agevole. Spesso, anzi, è doloroso, frastagliato, impervio e malagevole. Un percorso freddo e inospitale, di quelli che si pensa “meglio starsene qui, al caldo, sotto le coperte, senza cambiare nulla”. Perché ad uscire fuori il freddo è davvero troppo, il rischio di farsi male inaccettabile.
Si tratta di un uomo, che ripensa e rivede il suo passato e l’occasione, forse persa, di essere se stesso, di essere libero. Si tratta del suo racconto di una sera uguale a tante che, però, così uguale non è, perché, forse, avrebbe potuto cambiargli la vita. Si tratta della paura, del rimorso e del rimpianto.
Si tratta di due adolescenti, forti delle loro certezze e di un’amicizia inossidabile, che scoprono di amarsi in un modo che mai e poi mai avrebbero pensato possibile. Le certezze crollano, certo, arrivano la paura e il puro terrore di essere scoperti e derisi. Ma, al tempo stesso, la felicità. Rapida e terrificante, folle e inebriante. La felicità. La felicità di aver trovato lui, l’amico di sempre che si trasforma nell’amore che sempre, forse, si è cercato. Sensazioni contrastanti, che richiedono coraggio, comunicazione, condivisione. E Nicco e Vale, innamorati e terrorizzati, forse, a sedici anni, quel coraggio non ce l’hanno.
Secondo uno studio dell’Università di Edimburgo, un ragazzo su quattro che si suicidano tra i sedici e i venticinque anni, lo fa perché non riesce ad accettare l’idea di essere omosessuale, dunque deriso, escluso, emarginato dal gruppo o, nella peggiore delle ipotesi, bullizzato o picchiato. Gli adolescenti, peraltro, essendo in età scolare, sono molto più esposti degli adulti alle aggressioni, fisiche o verbali, a sfondo omofobico.
Questo testo vuole raccontare una storia come tante che parte dal ricordo, forte e doloroso, di un uomo che, alle soglie della mezza età, sente il bisogno di urlare al mondo la sua vera natura, che niente, nemmeno una moglie amorevole e dei figli adorati, hanno potuto cambiare. Il ricordo di un amore adolescenziale lo porta a rivivere, nella memoria, i momenti in cui, davvero, avrebbe potuto scegliere, se solo fosse stato più forte, più coraggioso. Se solo.
Sulla scena vediamo prendere corpo le memorie di quest’uomo che rivive il ricordo di un amore inaspettato e forte, rivelatore di una natura forse mai nemmeno sospettata. Una natura scomoda e terrificante, soprattutto quando si hanno sedici anni e un bisogno di essere parte di tutto, di non essere esclusi, mai, ad ogni costo.
La scena quasi vuota fa da sfondo alle parole consapevoli e meditate dell’adulto che, nella sua memoria, vede rivivere la leggerezza di un amore adolescenziale, fatto di un linguaggio diretto e immediato, di musiche rock martellanti, di rabbia e tenerezza. Come se, davvero, non ci fosse un domani.
Lui si ricorda tutto. Nonostante le rughe siano comparse intorno ai suoi occhi e gli anni lo abbiano appesantito, ricorda ogni minimo dettaglio. Si ricorda di quella sera, della musica, dei suoi occhi, dell’odore e della pelle. Del mistero, della trasgressione, della paura. E della sensazione di essere, per la prima volta, dove si deve essere. Perché è proprio in quel momento che ha capito che non esiste altro qui e ora che non sia nel suo respiro. Nel respiro di lui che sfiora le labbra e il collo.
Niccolò e Valentino si conoscono da sempre. Perché a 16 anni, a pensarci bene, il tempo è sempre. Nicco e Vale, che hanno accorciato i loro nomi perché non hanno il tempo di pronunciarli per intero, fanno tutto insieme e dividono tutto. La scuola, le interrogazioni, le partite di pallone, le birre, il fumo. Nicco e Vale condividono un tempo, l’adolescenza, che sembra essere sempre e per sempre. Un tempo che corre al ritmo accelerato di musica martellante nelle orecchie e birre a buon mercato, partite di pallone fino all’ultimo respiro, notti interminabili passate a parlare e sperare. Tutto corre e scorre, immutabile e rassicurante, fino a quella sera. La sera in cui, dopo una festa annebbiata dal fumo e dall’alcol, Nicco e Vale scoprono di potersi amare in un modo che mai, forse, avrebbero pensato. O che forse, chissà, era da sempre davanti ai loro occhi, ma guardarlo, anche solo pensare che potesse esistere, faceva paura, davvero troppa paura. Tutto è perfetto, come scoprire che l’amico di sempre è anche l’amore della tua vita, quello che, almeno in quel momento, credi possa durare in eterno perché è assoluto, perfetto e fondamentale. Ma arriva la paura, il terrore freddo e crudele del giudizio degli altri, delle famiglie, della scuola, del gruppo di amici. E di fronte a questo non bastano le parole, non basta la speranza che qualcosa possa cambiare, e soprattutto non basta l’amore. Perché si è troppo giovani, forse, per essere davvero coraggiosi. E allora, forse, è meglio stare con la maggioranza, ridere di un frocio di merda e sputargli in faccia, magari. Anche se quel frocio è proprio il tuo amico della vita, il tuo amore puro per il quale sai che potresti anche morire. Tutto, purché non si sappia niente di quei baci e di quelle carezze. E di quanto era bello stare ore insieme, anche soltanto a guardarsi.
Lui ha provato a perdonarsi, ci ha provato ogni singolo giorno della sua esistenza tiepida, fatta di bugie e di sorrisi a mezza bocca. Ha provato a sostituire quei sospiri con una moglie, una famiglia, giornate consuete come quelle di chiunque. Come se quel qui e ora, quella musica e la pelle di lui non fossero mai esistiti.