In anteprima italiana alla Festa del Cinema di Roma e nelle sale dal 26 ottobre con Teodora Film
In uno chalet di montagna sulle Alpi francesi vive la scrittrice tedesca Sandra assieme al marito Samuel e al figlio undicenne e quasi non vedente Daniel. Un giorno Samuel viene ritrovato morto, caduto dalla soffitta che era impegnato a ristrutturare. Cosa è successo? È stato un incidente o un omicidio?
Il vincitore della Palma d’oro a Cannes 2023 è un thriller solo all’apparenza, in realtà è un raffinato racconto psicologico che scandaglia una relazione di coppia segnata da traumi e disequilibri ormai insanabili.
La regia di Justine Triet ha il piglio sicuro e alcune scene (a cominciare dal notevole incipit) si lasciano apprezzare per l’abile costruzione della tensione e delle atmosfere. A colpire è, però, soprattutto il raffinato lavoro di scrittura, in particolare in riferimento al personaggio di Sandra (una Sandra Hüller in stato di grazia), che si disvelerà gradualmente in tutta la sua ambiguità, e al racconto delle complesse dinamiche di coppia che legano una moglie egoista e castrante e un marito debole e frustrato.
La narrazione si muove sapientemente fra finzione e realtà, proprio come fa la protagonista, che attinge, senza troppi scrupoli, al suo privato e a quello del marito, per dare forma ai suoi romanzi.
Anatomia di una caduta è un’accurata indagine sull’intimità di un nucleo familiare intaccato da risentimenti e incomprensioni; un’autopsia dei rapporti di coppia che prende vita tra gli spazi di una casa e poi, sempre di più, in quelli dell’aula di un tribunale.
La bravura della Triet sta nel frugare con precisione nei recessi più oscuri e inaspettati, senza mai imporre il proprio punto di vista o la propria morale.
Perché quella al centro della pellicola è una storia di amore e competizione, tensioni e accettazione, conflitti e riparazioni, prevaricazione e sensi di colpa. Quella tra un marito e una moglie, entrambi scrittori, ma in crisi lui e di successo lei, che con le parole ci lavorano, mettendole continuamente in discussione.
D’altronde, è presto palese come ogni tentativo di scandagliare i fatti relativi alla misteriosa morte di Samuel, sia dentro che fuori dall’aula di tribunale, si basi proprio su un uso mutevole delle parole. Il tutto amplificato dal fatto che Sandra è una donna tedesca in terra straniera, che per esprimersi usa una lingua franca come l’inglese, perché restia ad affidarsi al francese.
Ecco, quindi, che il film della Triet diventa anche un’interessante riflessione sul mestiere dello scrittore, ambiguamente sospeso fra creazione e finzione, invenzione e manipolazione del reale.
Anatomia di una caduta è un’opera ricca e stratificata, sottile e potentissima: una di quelle che resta in testa una volta usciti dalla sala.
Alberto Leali