Tre criminali appena usciti di prigione si preparano per l’ultimo colpo della loro infelice carriera: Troy (Nicolas Cage), mente della banda, aspira a una vita lontana dal crimine; Diesel (Christopher Matthew Cook) vuole sfuggire alla sua monotona vita famigliare; Mad Dog (Willem Dafoe) rimane un folle sanguinario.
Il grande sceneggiatore Paul Schrader torna dietro la macchina da presa per dirigere una sceneggiatura tratta dal romanzo di culto dello scrittore (ed ex detenuto) Edward Bunker, Cane mangia cane. Lo fa con uno stile libero e nichilista che si sposa alla perfezione con l’universo violento, contraddittorio e romantico di Bunker, realizzando un film che rimane in testa e che non può non eccitare i cinefili più incalliti con la sua miscela impazzita di ironia, satira e violenza. Perché Cane mangia cane attinge a piene mani e con intelligenza dal cinema che lo precede, Scorsese e Tarantino in primis, ma anche da tanta letteratura americana di genere che ha creato un suo riconoscibile e indimenticabile immaginario. Lo stile pop e psichedelico della regia, le luci al neon, l’uso del bianco e nero e il sangue che scorre improvviso tra dialoghi nonsense sotto effetto di acidi rende il film efficace e coinvolgente, spiazzante e di perversa, ma spesso irresistibile, cattiveria. Willem Dafoe e Nicolas Cage, di nuovo insieme dopo 30 anni da Cuore selvaggio di Lynch, sono dei protagonisti ammirevoli, sempre in bilico tra lo smarrimento e la bestialità: il primo nella sua patetica pantomima bogartiana, il secondo nella sua logorroica pazzia (straordinario nello scioccante ma esilarante incipit tra sangue e colori pastello).
L’impossibile reinserimento nel mondo di questi reietti senza redenzione segna i rapporti fra i personaggi e le loro conversazioni deliranti ma a tratti amarissime, su cui la sceneggiatura si concentra a discapito dell’azione, convogliata in (forse troppo) poche sequenze. Pur se può non convincere il finale un po’ frettoloso e la brusca alternanza fra i registri, Cane mangia cane è un film da vedere: un’opera suggestiva dal punto di vista visivo (ottime regia, fotografia e ambientazione), che racconta, giocando con gli stilemi del cinema pulp, un’America sordida e senza speranza, con antieroi votati inesorabilmente alla sconfitta.
Alberto Leali