Nel cast Damiano Gavino, Andrea Di Luigi, Luisa Ranieri, Greta Scarano, Aurora Giovinazzo, Alvise Rigo e Giancarlo Commare. In anteprima alla Festa del Cinema di Roma per poi sbarcare su Netflix il 1º novembre
Il nuovo film di Ferzan Ozpetek è una storia d’amore gay nata sullo sfondo della Roma dei tardi anni ’70: Enea e Pietro sono due venticinquenni che si incontrano per caso, vivono una fugace ma intensa passione e vengono poi separati dagli eventi. Per i successivi trent’anni, pur se le loro strade prendono direzioni diverse senza a lungo ricongiungerli, custodiranno il loro sentimento, non perdendo la speranza di ritrovarsi.
Nato, come sempre accade per i film del cineasta turco, da un’esperienza personale (Enea, da buon alter ego di Ozpetek, diventerà un regista famoso), Nuovo Olimpo racconta del potere di un amore non vissuto appieno che finirà col divenire eterno, di una passione interrotta bruscamente che lascerà segni indelebili, di quei ricordi in grado di preservare i sentimenti mantenendoli vivi per sempre.
Chi ama la filmografia di Ozpetek, non faticherà a trovare tutti i suoi topos in Nuovo Olimpo: non solo l’amore gay, ma anche la passione per il cinema e l’omaggio alle attrici italiane del passato, Roma e le sue bellezze a far da cornice, e soprattutto l’importanza della memoria, custode prezioso di momenti che si impongono prepotentemente nelle nostre vite.
Nuovo Olimpo è una summa dei pregi e dei difetti del cinema di Ozpetek: intrigante nel soggetto, raffinato nella messinscena, innamorato dei suoi personaggi, ma altresì sbilanciato, spesso lezioso, non esente da retorica e passaggi telefonati o forzati.
Si sa, la tendenza alla sottrazione è sempre mancata all’Ozpetek sceneggiatore, che in tutti i suoi film ha privilegiato l’accumulo, regalandoci prodotti certamente intimi e sensibili, ma mai perfettamente calibrati.
Se, quindi, una maggiore asciuttezza gioverebbe non poco al suo cinema, un altro problema riscontrabile in questo e in diversi altri film di Ozpetek è il disequilibrio del cast, composto in parte da attori notevoli per credibilità e intensità, in parte da bei volti (e bei corpi) non supportati da adeguate capacità recitative.
Ecco perché se la scelta di Damiano Gavino nei panni del regista protagonista risulta tutto sommato soddisfacente, non lo è affatto quella del monocorde Andrea Di Luigi nel ruolo di Pietro, ancor peggio quella del massiccio e impacciato Alvise Rigo che interpreta il compagno di Enea.
Non mancano nemmeno i soliti personaggi femminili alla Ozpetek, fedeli e partecipi testimoni dei tormenti sentimentali dei protagonisti, caratterizzati più o meno tutti allo stesso modo, ma affidati ad attrici di indubbio talento. Stavolta tocca a Luisa Ranieri, che interpreta Titti, la cassiera del cinema Olimpo truccata e acconciata come Mina (ormai presenza costante in colonna sonora), che vede nascere e interrompersi la passione fra Enea e Pietro e che vive nel ricordo di un amore che non c’è mai stato.
Più che quella di Greta Scarano, indebolita dal personaggio piuttosto convenzionale della sensibile moglie di Pietro, buona è, inoltre, la prova di Aurora Giovinazzo, alle prese con un ruolo decisamente sopra le righe: l’amica del cuore nonché futura assistente di Enea, che con lui condivide ogni confidenza e talvolta anche il letto.
Un’altra criticità di Nuovo Olimpo è, inoltre, la presenza di un impianto melodrammatico che vorrebbe richiamare Almodóvar, ma che si rivela di grana grossa: ricco di scene, dialoghi e situazioni ridondanti e al limite del grottesco, che fanno perdere spontaneità e verosimiglianza alla vicenda. Senza svelare troppo, possiamo anticiparvi che Enea e Pietro riusciranno finalmente a ritrovarsi in circostanze da soap opera (sembra altresì evidente il rimando al Douglas Sirk di Magnifica ossessione), che più che emozionare suscitano il sorriso.
Per di più, l’invecchiamento dei personaggi attraverso un grossolano lavoro di make-up, legato al fatto che la vicenda copre un lungo lasso di tempo, non fa che rendere la visione straniante e fittizia.
Un capitolo a parte va aperto per le scene di nudo integrale, certamente una novità per il cinema di Ozpetek, che finora si era mostrato, in tal senso, piuttosto prudente. Qui, invece, i due protagonisti maschili mostrano le loro grazie in diverse sequenze patinate e non proprio funzionali alla narrazione, a cominciare da quella, piuttosto scontata, della marmellata usata come gioco erotico.
Comunque, chi ama le storie d’amore romantiche e struggenti troverà pane per i suoi denti, anche se, a nostro parere e per i problemi su elencati, qui ci si emoziona ben poco.
Pur se gli eventi storico-politici restano abbozzati, malgrado la vicenda attraversi tre decenni, apprezzabile resta il tentativo di raccontare un amore omosessuale cristallizzato nei ricordi e capace di resistere al tempo, ma anche di alimentare la malinconia e il rimpianto.
Alberto Leali