Al cinema dal 10 marzo distribuito da I Wonder Pictures
E’ uno dei film d’animazione più belli e importanti degli ultimi anni Flee del regista danese Jonas Poher Rasmussen. L’intenso racconto del viaggio verso la salvezza di un rifugiato afghano attraverso uno stile inedito, che mescola il passato e il presente, il realismo del documentario e l’impressionismo dei ricordi.
Amin è un ricercatore accademico che vive attualmente in Danimarca con colui che sarà a breve suo marito, ma a cui non ha mai raccontato la sua vera storia, popolata da traumi e paure. Ora, decide che è arrivato il momento di portare alla luce la verità, affrontando i suoi fantasmi e aprendosi con il suo migliore amico Jonas, il regista stesso.
Lo spettatore viene così catapultato nell’Afghanistan degli anni ’80, precisamente nella colorata Kabul, la città natale in cui Amin viveva serenamente insieme alla sua numerosa famiglia. Fino a che la guerra sovietico-afghana non sconvolge la vita dei cittadini della capitale e i familiari del protagonista sono costretti ad abbandonare la propria casa, fuggendo alla volta di un paese più sicuro.
E’ l’inizio di una serie di pericolosi viaggi clandestini verso la Russia, la Svezia e la Danimarca. I colori vividi di Kabul lasciano spazio gradualmente ai toni freddi della paura, del distacco, della solitudine e dell’umana cattiveria.
In tal senso, la bella animazione disegnata a mano è funzionale nel trasmetterci i sentimenti del protagonista, accedendo alla sua memoria e illustrandoci così la sua storia. Rasmussen, al contempo, mette una distanza tra l’obiettivo della macchina da presa e l’intimità del protagonista: il film è, infatti, narrato come fosse una lunga seduta tra uno psicologo e il suo paziente, seguendo il doppio binario del passato e del presente e facendo ricorso a immagini di repertorio come unica deroga all’animazione.
Flee ci mette, così, davanti agli aspetti psicologici della questione dei rifugiati, a tutto ciò che comporta vivere in fuga e cambiare paese e identità. Nonostante non viva più materialmente la stessa minaccia di violenza e persecuzione, infatti, Amin resta un profugo che non trova rifugio, geograficamente ed emozionalmente parlando.
E’ un’anima che continua a errare, sommersa da una paura e una sfiducia che interagiscono col mondo circostante e lo distorcono, tenendola lontana da un’idea di casa. Sensazioni che allo spettatore sembra di vivere sulla propria pelle, attraverso un’esperienza visiva emozionale ed immersiva.
Flee è, infatti, un film che parla del concetto universale di casa, di cosa significhi sentirsi in un luogo sicuro che ci faccia sentire liberi di essere così come siamo. Meritatamente candidato a 3 Premi Oscar: miglior film internazionale, miglior documentario e miglior film d’animazione.
Paola Canali