Diretto da Letizia Lamartire e con protagonista Andrea Arcangeli, arriva su Netflix dal 26 maggio
Non è mai facile raccontare un personaggio che ha segnato una pagina di storia italiana, ancor più se se si tratta di uno dei calciatori più amati del nostro Paese. Di Roberto Baggio abbiamo visto e letto di tutto, e raccogliere la sua vita e la sua carriera in 90 minuti di film è impresa davvero rischiosa, specie se l’intento che ci si prefigge è essere esaustivi.
Per fortuna Il Divin Codino, il biopic targato Netflix e Mediaset disponibile dal 26 maggio, sceglie di lavorare per sottrazione, ricostruendo la vita di Baggio partendo da tre momenti della sua carriera: l’arrivo a Firenze dopo il primo infortunio, gli USA ’94 e gli anni di Brescia.
Prediligendo la dimensione privata su quella pubblica, il film vuole raccontare l’uomo dietro il campione, scavando le ragioni che si celano dietro le ossessioni dell’atleta. Un uomo, Baggio, che ai media si è sempre concesso poco: schivo, sfuggente, per certi versi inaccessibile, eppure uno dei simboli del periodo più splendente del calcio italiano.
Attraverso un ritratto più intimo che celebrativo, il film privilegia gli aspetti meno noti della sua vita, saltando di netto i più grandi trionfi sportivi e catturando la solitudine, i tormenti e le contraddizioni del Raffaello del calcio italiano. Per rendersene conto, basti notare quanto importante ai fini del racconto sia il rapporto tra Roberto (Andrea Arcangeli) e suo padre Florindo (Andrea Pennacchi), approcciato in punta di piedi ma con grande incisività. Un amore silenzioso e compresso, il loro, spesso difficile e conflittuale, eppure così rilevante per la vita pubblica e privata del campione.
Se il punto cruciale del film Netflix è il rigore di Pasadena, che Baggio nel 1994 calcia alto in finale con il Brasile, il filo conduttore è, invece, l’uomo che insegue instancabile il suo sogno, ma a cui il destino non risparmia nulla. Perché quello di Baggio è davvero un talento incommensurabile, eppure ripetutamente ferito dal caso. E’ proprio per onorare questo talento che Roberto paga un prezzo altissimo, divenendo protagonista di una vita struggente (e quindi perfetta per una sceneggiatura), che non può che toccare il cuore.
Raccontando ostacoli e dolori, sacrifici e ripartenze, Il Divin Codino, così come la vita di Baggio, si fa portavoce di un messaggio importante, specie per le nuove generazioni: senza determinazione e coraggio è difficile raggiungere degli obiettivi, ma la vita, nonostante le difficoltà, ci dà sempre delle possibilità da cogliere.
Bravissimo il protagonista Andrea Arcangeli che, oltre alla somiglianza fisiognomica, riesce a dare voce all’anima tormentata del campione, nonostante i paletti imposti dalla sceneggiatura. E’ soprattutto grazie a lui se Il Divin Codino riesce così bene ad afferrare l’umanità dietro la leggenda.
Alberto Leali