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La morte non è la fine, bensì il principio in Non mi uccidere, il nuovo film di Andrea De Sica, ispirato al primo libro della trilogia dark sui sopramorti firmata da Chiara Palazzolo.
Mirta, interpretata da Alice Pagani, star della serie Netflix Baby, è una studentessa ventenne che si lascia trascinare dal suo amore per Robin (il Rocco Fasano di SKAM) sulla strada dell’eroina e poi della morte. Poco dopo essere stata sepolta, però, la giovane si risveglia ed esce dalla tomba: non è più viva ma una sorta di vampira, o meglio una sopramorta. Smarrita e impaurita, Mirta ha come unico pensiero quello di riunirsi al suo amato, che le ha promesso che sarebbero rimasti insieme per sempre, anche dopo la morte. Ma Robin non c’è e Mirta dovrà invece fare i conti con la sua fame di sangue e con le insidie del mondo esterno verso i sopramorti.
Il film segue, quindi, il cammino della protagonista verso la presa di coscienza della sua nuova natura, che la porterà ad affrontare da sola limiti e paure e ad imparare di chi possa davvero fidarsi. Nonostante i riferimenti estetici siano, infatti, quelli del cinema di genere, Non mi uccidere è un racconto di formazione che si concentra sulla trasformazione di una ragazza ingenua e influenzabile in una creatura selvaggia e sicura di sé.
“E’ la sua purezza che viene compromessa – racconta la protagonista Alice Pagani alla conferenza di presentazione – Mirta vive quella dualità che coinvolge tutti coloro che passano dall’adolescenza all’età adulta. Ma soprattutto da vittima diventa carnefice, accettando le sue fragilità e imparando a rispondere e a difendersi“.
Diverso, invece, è ciò che accade a Robin, “deluso verso il mondo e consapevole di aver perso molte persone importanti nella sua vita. E’ per questa ragione che si butta nell’amore totalizzante per Mirta“, racconta Rocco Fasano.
Ovviamente i topos del cinema horror ci sono tutti: i boschi di notte, i cimiteri, gli inseguimenti, le strade infide, il sangue che sgorga copioso. Il linguaggio utilizzato, crudo ma anche pop, è studiato per il pubblico più giovane, che si lascerà affascinare dalle atmosfere dark ma anche dal carattere curiosamente introspettivo della narrazione.
In Italia, si sa, non esiste un vero e proprio panorama di letteratura horror e Non mi uccidere della Palazzolo rappresenta pertanto un apprezzabile tentativo. Ma altrettanto apprezzabile è il tentativo di Andrea De Sica che, dopo il pregevole I figli della notte, non ha perso il coraggio di osare, mescolare i generi e percorrere strade inconsuete per il nostro cinema.
“E’ una storia d’amore dove l’innamoramento fa parte del mondo della notte e porta a trascendere la normalità e le insicurezze – racconta il regista – Nel film c’è molta amarezza, ma al contempo anche molto attaccamento alla vita. Mi piace mescolare i generi, all’estero è piuttosto comune, ma in Italia siamo abituati ad un’autorialità un po’ ingessata che personalmente cerco di superare. E’ anche un film sulla rivincita delle donne in un mondo che ancora oggi tende a sottometterle“.
Alberto Leali