Un’originale riscrittura del mito di Narciso nel film che chiude le Giornate degli Autori 2020
Le Giornate degli Autori chiudono la diciassettesima edizione con una provocazione che porta il nome e il cognome di un’icona del cinema erotico gay. Dal Quebec torna alle Giornate Bruce LaBruce, dopo aver presentato Gerontophilia nel 2013 e dopo il ruolo di presidente di giuria nel 2016, porta al Lido l’anteprima mondiale del suo nuovo film Fuori Concorso Saint-Narcisse, nel quale riscrive il mito di Narciso.
“Almeno una volta nella vita – ha dichiarato LaBruce – un regista dovrebbe fare un film sui seguenti soggetti: i gemelli o il sosia, l’incesto, una capanna nel bosco, monache e/o monaci, un motociclista, lesbiche che vivono allo stato brado e un sacerdote che commette un abuso sessuale. Saint-Narcisse mi ha permesso di combinare tutti questi elementi in un solo film.”
“Il mito di Narciso non era mai stato così spregiudicato come in Saint-Narcisse, fiaba eccessiva e candida allo stesso tempo ambientata nei primi anni 70, gli anni della rivoluzione sessuale – dice Gaia Furrer, responsabile artistica delle Giornate. Un film libero e spiazzante che ci sembra la perfetta chiusura per la nostra selezione.”
“Ci piace immaginare che Bruce LaBruce si senta a casa alle Giornate – ha dichiarato Giorgio Gosetti, delegato generale – perché il nostro è uno spazio di totale libertà per gli autori. È anche grazie al suo modo irriverente di fare cinema che è nato il genere queer che è inclusione è coraggio, che combatte i limiti moralisti sulle identità sessuali”.
Quando la sua amorevole nonna muore, scopre due profondi segreti legati alla famiglia: sua madre lesbica non è morta di parto e in un remoto monastero vive suo fratello gemello, Daniel, cresciuto da un prete depravato. La forza del destino riunisce i due fratelli belli e identici.
Bruce LaBruce, regista, performer, grande conoscitore di musica (ha collaborato anche con riviste musicali), è padre del movimento Gay-Punk che ha sdoganato la varietà umana nel mondo omosessuale nell’immaginario collettivo e combattuto stereotipi diffusi nel cinema gay prima della sua irruzione nella scena. Ha raccontato skinheads, punk e “ragazzi di vita”, ha fatto diventare le telecamere super8 un feticcio (sia stilisticamente sia come oggetto in sé), ha dato al porno la dignità di un genere cinematografico come gli altri portandolo fino a Hollywood e trasformandolo, con ironia e suggestioni pop, in un territorio ricco di sentimenti e citazioni da “certo” grande cinema (da Robert Altman a Andy Warhol, da Billy Wilder a Paul Morrissey) e da fotografi del calibro di Robert Mapplethorpe. Tra i suoi film più popolari ricordiamo No skin off my ass (1993), Super 8 e 1/2 (1994), L.A. Zombie (2010).