Il re della Bottiglieria, nel quartiere Pigneto di Roma, si racconta
Il Portogallo è la sua città natale dove inizia a frequentare la scuola alberghiera, per poi trasferirsi prima in America, poi Svezia e infine in Italia, dove vive da dieci anni. Sono queste le città che hanno segnato il percorso e la vita di Chef Joao Monteiro, noto per una cucina fatta di contaminazioni, equilibri e tanta passione. Ma tra le sue fonti d’ispirazione c’è sicuramente la famiglia: i pancakes della domenica di sua madre e i patti che ogni sera preparava suo padre. Oggi, Chef Joao è il Re della Bottiglieria, nel quartiere Pigneto di Roma, dove da anni fa impazzire i clienti con i suoi piatti curati in ogni dettaglio. Una volta provati, anche voi lo chiamerete Jay, come se foste amici di vecchia data: <<A chi mi dice come mi trovo in Italia rispondo: Come voi, perché sono uno di voi!>>. E se non lo trovate ai fornelli, Chef Jay ama sbirciare menù di altri colleghi e guardare in tv le creazioni di Chef Rubio e Simone Rugiati.
Chef, mi racconta qualcosa della sua vita?
Sono nato in un paese del Portogallo, ma con la mia famiglia ci siamo poi trasferiti in America. A 8 anni i miei hanno deciso di tornare nella mia città natale, dove ho frequentato la scuola alberghiera de porto. Un periodo duro quello, perché non vedevo nessuno della mia famiglia fino alle sei del pomeriggio. Io sono il più piccolo di cinque fratelli; papà aveva 40 anni e a causa di un incidente sul posto di lavoravo è stato costretto ad andare in pensione, quindi restava a casa a preparare la cena, mentre mamma era quella che riposava solo la domenica e faceva i pancackes per tutti. Adesso i miei fratelli sono rimasti in America, mia mamma in Portogallo, io vivo solo qui a Roma da dieci anni. Viaggio spesso e per fortuna ho modo di andarli a trovare.
E la sua passione per la cucina quando è nata?
La mia passione per la cucina nasce dal fatto di essere un buongustaio. Ma anche grazie alla mia famiglia: a mio padre, che la sera cucinava per tutti e che non mi ha fatto crescere col preconcetto che la donna deve stare a casa a cucinare, e a mia madre che a sei anni mi fece trovare la ricetta dei pancackes facendomi muovere così i primi passi in cucina. Quando poi ho fatto la scuola alberghiera, ho iniziato a sperimentare nuovi piatti: a 11 anni cucinavo i papazzoni (pasta al forno) per tutti, ma papà, che era tradizionalista, non amava particolarmente i mix di sapori. Lui era più uno da riso in bianco con carne e verdure, serviti rigorosamente separati, mentre mamma era più curiosa e le piaceva sperimentare.
Perché ha scelto proprio Roma come meta italiana?
E’ stato sempre il mio sogno venire qui! A Roma mi trovo molto bene, in linea di massima non cambia molto a livello culturale rispetto al Portogallo, ad eccezione della terribile burocrazia che abbiamo qui. Mi sento uno di voi e quando mi dicono come mi trovo in Italia rispondo sempre: Come ti trovi tu, senza alcuna differenza!
La tv è invasa da programmi di cucina, come se fare lo chef fosse diventata una moda. Cosa ne pensa?
Purtroppo in tv ci sono molti programmi di cucina in cui si vedono più chef celebrities che persone. Non so perché, forse sono leggi dettate dal format. Va bene dare importanza a questo mestiere, che prima era piuttosto isolato, però passa spesso un messaggio sbagliato: che tutti, in fin dei conti, possono lavorare in cucina. Invece ci vogliono studio, determinazione e conoscenza. A me piacciono molto Simone Rugiati e Chef Rubio, sono sinceri e senza filtri.
Lei che viaggia spesso, cosa non può mancare nella sua valigia?
Coltelli! (ride). Sto scherzando. Sicuramente, per quanto mi riguarda, la cosa più importante è la curiosità perché ti stimola ad andare avanti e a fare cose nuove. Io sperimento sempre e anche se va male ci riprovo finché non raggiungo il mio obiettivo. Sono determinato, dedico la mia vita a questo mestiere e non smetto mai di crescere.
Facciamo un piccolo gioco. Per chi non la conosce e vorrebbe venire a mangiare da lei, mi dia tre piatti come suo biglietto da visita…
Per antipasto: Waffle di baccalà con caponata di friggitelli; come primo: pici aglio olio e peperoncino con gamberi rossi di Mazara e latte di mandorla; per secondo_ guancia di manzo in barbecue con sedano rapa e indivia belga. Tutti prodotti freschi a km0. Attenzione, però farò questo se venite alla Bottiglieria, perchè a casa non cucino mai poichè lo faccio sempre per gli altri, così preferisco mangiare fuori, rilassarmi e andare a sbirciare altri menù.
Come si vede tra dieci anni?
Tra dieci anni mi vedo con un mio locale, non necessariamente in Italia, ma anche all’estero. A Roma il mio quartiere del cuore è Centocelle, quindi un locale lì mi piacerebbe molto: adesso è figo e vitale, ma 10 anni fa non c’era nulla.
Roberto Puntato