Da giovedì 20 febbraio a domenica 1 marzo 2020
Al Teatro Ghione di Roma, da giovedi 20 febbraio a domenica 1 marzo 2020, va in scena lo spettacolo “Casa di frontiera”, scritto e diretto da Gianfelice Imparato, con Francesco Procopio, Giovanni Allocca, Alessandra D’Ambrosio, Claudia G. Moretti.
In un futuro indefinito, l’Italia è stata divisa in due. Tutti i meridionali già residenti al nord che non sono riusciti a rimpatriare dopo la secessione, sono stati confinati nei C.R.I.C. (Centri Raccolta e Identità Culturale) molto simili alle riserve degli indiani d’America. In una di queste riserve, in una casa al confine col territorio padano, vivono i protagonisti della nostra storia: Gennaro Strummolo e sua sorella Addolorata. La casa è frequentata assiduamente da Olga, assistente sociale del nord addetta alle riserve.
Gennaro è divorato dal desiderio di diventare a tutti gli effetti cittadino del nord, inseguendo questo sogno si è persino modificato il cognome da Strummolo a Strum, in modo da vantare origini nord-europee, senza però modificare il codice fiscale. Le liti con la sorella, che invece continua a coltivare abitudini e ritmi meridionali, sono continue. Addolorata si fa forte anche del sostegno del fidanzato, Ciro Cacace, che con i suoi comportamenti da sudista “irriducibile” fa impazzire di rabbia Gennaro.
A complicare la situazione c’è la presenza di Olga, l’assistente sociale, che ha il compito di preparare la famiglia Strummolo al difficile esame di ammissione al nord, ma viene colta da insana passione per il “ruspante” Ciro. In questo paradossale contesto si svolgono le comiche vicende della commedia che, pur trattando un argomento di attualità politica, non si discosta mai dalla linea del racconto fantastico.
Casa di frontiera, scritto nel 1994, quando la Lega Nord esprimeva in pieno tutto il suo disprezzo verso il Sud, purtroppo ancora a distanza di tanti anni ci riporta in qualche modo all’attualità.
Nel paradossale contesto della commedia si svolgono le vicende che riescono a regalare momenti di comicità travolgente pur facendo riflettere su problemi sociali dolenti e spinosi.
Gli extra-comunitari, per esempio, che approdano in Italia in cerca non di fortuna ma di sopravvivenza, sono “immigrati” per noi, come lo furono i meridionali per gli Italiani del Nord. Ci sarà sempre un popolo “più a Sud di noi”, a cui dobbiamo imparare a guardare con empatia e rispetto. Basti pensare alla scuola italiana, sempre più multi-etnica.
Bisogna imparare a considerare la multiculturalità come una risorsa, e non un pericolo, un’occasione per i giovani italiani per entrare in relazione con realtà lontane dalla nostra che non può che arricchirli. E’ naturale che di fronte al “diverso” si possano avere sentimenti negativi di diffidenza, timore di invasione, paura di perdere equilibri e sicurezze, disagio a confrontarsi con altre culture e religioni, ma questi timori possono e devono tradursi in opportunità di apprendimento, crescita, miglioramento.
Ben venga dunque uno spettacolo teatrale che, col pretesto della satira, nel segno della miglior tradizione classica, metta in luce i vizi e i pensieri aberranti dei tempi. Perché diventi vero l’aforisma di Paul Valéry: “arricchiamoci delle nostre reciproche differenze”.