Vortex e L’après-midi d’un foehn saranno in scena dal 30 gennaio al 2 febbraio 2020
La singolare e affascinante Phia Ménard, regista, artista performativa, danzatrice e giocoliera francese, incontra gli spazi del Teatro India con due spettacoli gemelli, trasformando il palcoscenico in un territorio di sperimentazione, di sfida e di ribellione alla “normalità”.
In scena negli stessi giorni, dal 30 gennaio al 2 febbraio, in alternanza al mattino e alla sera, le performance fanno entrambe parte delle Pièces du vent e sono rivolte a pubblici differenti: concepito per i bambini (e per gli adulti) è il lieve e sospeso L’après-midi d’un foehn, soltanto per adulti e invece Vortex, in cui eros e thanatos si impastano in una danza di liberazione.
«Non nova, sed nove» («Non inventiamo nulla, lo vediamo in modo diverso») è il motto della compagnia fondata nel 1998 dalla Ménard, Non Nova, che negli anni ha tracciato un percorso fra i palcoscenici e assieme ai pubblici internazionali indagando il concetto di identità, sfidando le convenzioni, attraversando i generi, alla ricerca di una forma espressiva che rivendica una difesa fiera ed esplicita del diritto di essere fuori norma, “anormale”.
Ridisegnare l’immagine spettacolare della giocoleria a vantaggio di un nuovo rapporto con il pubblico, ridisegnare le regole della pratica artistica, ridisegnare le linee di confine dell’identità personale: ecco la chiave della poetica del lavoro scenico a tutto tondo di una regista che ha fatto della sua arte un campo di battaglia.
«Personalmente non penso che l’artista sia lì per cambiare il mondo, ma può portare lo sguardo dello spettatore su un particolare del mondo. L’utopia mi è necessaria per fare arte. Ho scelto da che parte stare: preferisco difendere l’arte, in qualsiasi sua forma, contro la cultura del business che non vede nell’opera che un prodotto per il consumo. Ai risultati convenzionali preferisco i processi della ragione, quelli che difendono le specificità dei singoli e delle loro azioni. E per questo motivo che invito il pubblico a vivere delle battaglie che sa in anticipo di perdere, piuttosto che esserne soltanto spettatore. Voglio trattare l’argomento in maniera radicale, cercando di evitare di essere didascalica, per garantire liberta di immaginazione agli spettatori. Mi confronto con i limiti, corporei ed emotivi, per esperire delle reazioni. Amo mettere il pubblico alla prova».
Dal 2008 Phia Ménard ha concentrato la sua ricerca sugli elementi naturali: l’acqua, il ghiaccio, il vento. Sono così nate le Pièces de glace e le Pièces du vent. «Con il vento abbiamo lavorato in maniera pragmatica e lo abbiamo testato attraverso numerosi tentativi che hanno più a che vedere con l’artigianato che con la ricerca scientifica – racconta Phia Ménard – Esattamente come il ghiaccio, il vento e un elemento instabile. Il vento rende nervosi, e freddo. Ci chiede, a noi umani, di adattarci a lui, e non il contrario. In questo senso ci obbliga a non possederci, a mollare la presa sulla nostra volontà di controllare tutto. Bisogna lasciargli lo spazio e allo stesso tempo non perdere il filo dei propri propositi. Qualsiasi cosa si faccia, lui non risponde mai allo stesso modo».
Quello di Phia Ménard è un teatro che nasce dal desiderio di far vivere agli spettatori esperienze inaspettate, animato dalla profonda convinzione che la complessità della vita necessiti di una visione multidisciplinare per interpretare la natura ibrida delle società del nostro tempo.
Vortex (30 gennaio, 2 febbraio) nasce attorno al concetto di injonglabilité (negazione del gioco di destrezza, della giocoleria), una pratica che flirta con il rigore delle leggi naturali: così Phia Ménard gioca con gli elementi invisibili per eccellenza, l’aria e il vento.
In questa performance- installazione dalla coreografia suggestiva, l’interprete, circondata da ventilatori che generano un vortice, come in una gabbia con delle belve da domare, ingaggia una lotta-danza con il soffio-gorgo fin quando la plastica entra in scena per danzare con lei la propria partitura su brani musicali di Ivan Roussel.
«Sotto quanti strati ci copriamo per apparire al mondo? – riflette Phia Ménard – Chi può rivendicare la propria “anormalità”? Chi si nasconde in noi, assopito, in superficie o nelle profondità dell’essere? Come apparire quello che siamo? Voglio lottare contro una morale della paura e della stigmatizzazione. Pensare l’anormale come qualcosa di diverso dal dolore e dalla sofferenza. Nell’arena di Vortex le regole non esistono, o meglio sono volontariamente false per aprire la nostra percezione al bisogno di affrancarsi dai tabu, con il vento come materia fluttuante, per sfuggire dalla pesantezza e svegliare “l’Alien” che dorme, sepolto sotto un’uniforme in prestito. […] C’è la bellezza, il disgusto, anche la dominazione: sensazioni violente che ci ricordano che siamo vivi. La violenza fa parte di noi, sotterratela e uscirà fuori sempre più forte. E meglio esorcizzarla. Ma se c’è della violenza in Vortex, e catartica». In questo spettacolo metamorfico, al centro di un metaforico “occhio del ciclone”, Phia Ménard doma il vento.
L’après-midi d’un foehn (31 gennaio, 1 e 2 febbraio), invece, è un racconto coreografico dal grande impatto visivo, per grandi ma soprattutto per i più piccoli, in cui una burattinaia-demiurgo fa uso dell’azione rinvigorente del vento per animare delle curiose marionette ideate dall’artista a partire da semplici buste di plastica.
Al centro di una arena di ventilatori si crea l’effetto di una corrente turbinosa, e trasportate da questo soffio le piccole creature colorate si animano e s’involano danzando nell’aria: il fauno si trasforma qui in «foehn», vento transalpino secco e caldo che agita, scuote e fa piroettare il curioso esercito di ballerini. Uno spettacolo raro, battuto dai venti e da una spirale di ninfe colorate, ma anche un racconto poetico a passo di danza sulle note di tre opere musicali di Claude Debussy (L’aprèsmidi d’un faune, Nocturnes e Dialogue de la Mer et du Vent), condotto dalle mani sapienti di una direttrice d’orchestra che incanta il pubblico con pochi, semplici oggetti: un cappotto, un paio di forbici, un rotolo di adesivo, un bastone e un ombrello traslucido.
Martedì 28 gennaio (ore 19.30) al Teatro India si terrà un incontro pubblico con Porpora Marcasciano, la “favolosa creatura” che sin dagli anni Settanta racconta il suo percorso personale e politico di scoperta e trasformazione, come protagonista del movimento transessuale. Così come la coreografa, danzatrice e giocoliera Phia Ménard parla di trasformazione con il doppio spettacolo Vortex e L’après-midi d’un foehn, Porpora Marcasciano con il suo corpo e attivismo è da sempre impegnata a ricucire le trame di una storia che la cultura dominante aveva tentato di oscurare: “Il fatto stesso di esistere era un crimine” racconta nel suo libro L’aurora delle trans cattive storie sguardi e vissuti della mia generazione transgender.
Tra Napoli, Roma e Bologna, Porpora Marcasciano parla della forza rivoluzionaria che risiede nella possibilità di abitare il corpo desiderato e di raccontarlo. Pioniera e protagonista del movimento transessuale in Italia, Porpora Marcasciano è presidente onorario del MIT (Movimento Identità Trans) di cui è stata fondatrice e attivista fin dagli anni Settanta. Ricopre inoltre la carica di vice presidente dell’ONIG (Osservatorio Nazionale Identità di Genere). Dal 2008 dirige Divergenti Festival del Cinema Trans tra le principali rassegne di cinema specialistico in Europa. Si occupa della raccolta di fonti orali e documentazione per la ricostruzione di una storia trans. In qualità di esperta partecipa a convegni e seminari in Italia e all’estero.