L’artista che ha prestato la voce agli spot più famosi torna con il nuovo singolo “This Is It”
Gisella Cozzo, nata a Melbourne da genitori italiani, ha all’attivo nove album e innumerevoli spot pubblicitari, tra i più famosi in assoluto.
Firma sigle televisive tra cui quella di Striscia la notizia, canzoni per il film “A Time for Dancing” di Peter Gilbert, interpreta il brano I Feel Love, cover di Donna Summer, nel film “L’ultimo capodanno” di Marco Risi, scrive ed interpreta con Umberto Smaila e Jerry Calà il brano “Living alone again” per il film “Torno a vivere da solo”.
È uscito da poco il suo ultimo singolo “This is It”, dedicato al figlio Marcello e al suo “volo” lontano da casa. Gisella Cozzo è un’artista “esplosiva” che sa fare di ogni suo live una vera festa all’insegna della musica internazionale.
L’inizio di tutto è stato un talent in Australia, in seguito la tua carriera è decollata in Italia. Se dovessi dare un passaporto alla tua carriera, quale sarebbe?
A dare il via è stata sicuramente la vittoria del talent australiano, avevo solo sedici anni e con mia mamma che doveva accompagnarmi, perché minorenne, ho cominciato a girare con una mia band aprendo i concerti di moltissimi artisti italiani. Questo mi ha permesso di conoscere musicisti, tra i quali Silvio Amato, il mio primo produttore, che m’invitò a venire in Italia. Il paese di origine dei miei genitori, in quel momento rappresentava per me una sorta di giostra ricca di opportunità. Ho cantato come vocalist in un disco di Jovanotti, Al Bano, Anna Oxa e al tempo stesso facevo musica dance. Ero molto richiesta come vocalist per i concerti degli artisti italiani e al contempo scrivevo per me. Quindi se dovessi dare il passaporto alla mia carriera, sarebbe come il mio: italo – australiano.
La tua voce ha interpretato spot che hanno fatto la storia delle pubblicità. Che cosa ha significato per te?
La scrittura e l’interpretazione di un jingle è molto più complicato di quello che sembra; in pochi secondi deve poter catturare l’attenzione e rendere giustizia al prodotto. Deve essere orecchiabile, piacevole e alla portata di un pubblico molto variegato; sicuramente la creatività è messa a dura prova, dovendo dare il massimo in poco tempo, lavorando su immagini ben precise. Ancora oggi nei miei spettacoli, a grande richiesta, propongo la celebre “Joy”, I feel good I feel fine, della Coppa del Nonno, “Sensazione unica” di Coca- Cola, “Tu vuò fà l’americano”, della Levi’s e molte altre, queste canzoni ormai hanno fatto la storia degli spot e sono state la nostra colonna sonora nelle estati di quegli anni. Ricordo divertita, di essere stata chiamata da tre musicisti diversi per preparare un provino di una stessa pubblicità. Brani molto diversi tra loro, ma entrambi avevano scelto me per interpretarli. L’essere in grado di cantare in inglese era fondamentale, perché tutte le pubblicità non erano ancora in italiano – meno male- aggiungo, perché la mia carriera, forse, non sarebbe stata tale!
Hai collaborato con moltissimi artisti della musica leggera italiana, da ragazzina in Australia, ascoltavi la loro musica?
Quando aprivo i loro concerti, avevo solo sedici anni e in realtà non ero consapevole di quanto fossero importanti. Parliamo di Eros Ramazzotti, Toto Cutugno, Marcella Bella, I Ricchi e Poveri e molti altri; solo dopo, in Italia, ho capito la loro vera grandezza e forse è stato meglio così! Il mio background musicale era la musica che una ragazzina nata e cresciuta a Melbourne poteva ascoltare; quindi gli AC/DC, Men at Work e artisti americani in genere. La musica melodica italiana, era quella che si ascoltava in famiglia e i dischi con le canzoni di Sanremo si acquistavano in un piccolo store. Un bel mix che ha fatto la mia fortuna lavorativa e di questo sono grata sia all’Australia sia all’Italia.
Le tue canzoni sono quasi tutte in inglese, è stata tua la scelta o dei tuoi produttori?
In prima battuta è sicuramente stata la scelta, coraggiosa, del mio produttore. Una scelta che era irrinunciabile come ho detto, per le pubblicità dove non era previsto di cantare in italiano. Inoltre andava molto la Dance, per la quale avevo un bel appeal considerata l’età, la mia grinta e l’inglese che era, di fatto, la mia lingua madre. Ancora oggi, nonostante viva in Italia, sembro sempre una turista americana. Provarono a portarmi a Sanremo nel ’93 l’allora manager di Lucio Dalla e Fabrizio Berlincioni, autore di “Mi manchi”, ma dovendo cantare una cover in italiano la mia pronuncia non fu d’aiuto. Un’esperienza importante che comunque non posso dimenticare, perché Sanremo è Sanremo!
Sei cantautrice e interprete ma, dicono di te, che metti mano a tutto nelle tue canzoni, è vero?
Sì, è vero, mi piace mettere mano anche agli arrangiamenti, perché conferiscono al brano il carattere. La mia creatività si manifesta in ogni campo e chi ha lavorato con me, lo sa bene. Quando mi viene l’ispirazione, parte un processo irreversibile e le tante anime di Gisella confluiscono tutte lì. Anche nell’interpretazione, potendo contare su una buona estensione vocale, mi piace esplorare terreni sconosciuti e uscendo dalla comfort zone misurarmi con nuove sonorità. Sto lavorando a un nuovo spettacolo con l’entusiasmo e l’energia di sempre…siete pronti?
Roberto Puntato