L’appuntamento è alla Sala Umberto di Roma dal 19 all’1 dicembre
Filippo Dini, di recente insignito del Premio Le Maschere del Teatro Italiano, porta in palcoscenico Misery, uno dei più celebri romanzi di Stephen King, da cui è tratto anche il bel film di Rob Reiner del 1990 con protagonisti James Caan e la vincitrice dell’Oscar Kathy Bates.
Misery, tradotto da Francesco Bianchi, arriva alla Sala Umberto di Roma dal 19 all’1 dicembre per raccontare l’indimenticabile incontro fra lo scrittore Paul Sheldon e la sua più grande e temibile fan, Annie Wilkes.
Sheldon è interpretato dallo stesso Dini, attualmente al cinema nel cast de L’uomo del labirinto di Donato Carrisi, mentre il ruolo di Annie è affidato ad Arianna Scommegna, nota per i film Fai bei sogni di Marco Bellocchio e Il colore nascosto delle cose di Silvio Soldini. Con loro sul palco Carlo Orlando nel ruolo dello sceriffo.
Le musiche sono di Arturo Annecchino, le scene e costumi di Laura Benzi, le luci di Pasquale Mari e il trucco di Cinzia Costantino. Misery, che ha debuttato, in prima nazionale, al Teatro Due di Parma il 26 ottobre, è la nuova produzione di Fondazione Teatro Due, coprodotta da Teatro Nazionale di Genova e Teatro Stabile di Torino,
Note di regia
Paul Sheldon è uno scrittore di successo. I suoi romanzi hanno come protagonista Misery, un’eroina ottocentesca dal cuore d’oro. La fama di Paul è indissolubilmente legata a Misery, e questo lo incatena come artista e come uomo. Quando si risveglia dall’incoscienza dopo un terribile incidente stradale, Paul pensa di essere stato fortunato. Anche se non riconosce la casa e il letto dove giace, qualcuno lo ha salvato. Quando poi scopre che a salvarlo è stata Annie, un’abile, materna e premurosa infermiera in pensione, pensa di essere stato molto fortunato.
Quando poi scopre che Annie è una sua grande fan e ha avuto cura di salvare dalle lamiere contorte della sua macchina l’ultimo manoscritto di Paul, allora pensa di essere l’uomo più fortunato del mondo.
Annie gli ha salvato la vita. Ed è così gentile. Sì, molto gentile: Paul continua a pensarlo anche quando realizza che Annie non ha avvisato nessuno dell’incidente e del ritrovamento. Anche quando gli antidolorifici cominciano ad arrivare con meno regolarità e il dolore alla gamba brucia di più.
Lei lo ama alla follia. Appunto: alla follia. Perché Paul si rende conto, piano piano, con crescente orrore, che Annie ha qualcosa di inquietante. E quando scopre di essere ormai dipendente dalla morfina degli antidolorifici e che Annie non vuole avvisare nessuno, allora comincia a realizzare di essere nei guai. Ma questo è niente.
Una notte Annie lo sveglia urlando, distruggendo la sua stanza e le porte dell’orrore si spalancano davvero. Annie ha finito l’ultimo romanzo di Misery. E Misery è morta. Questo Annie non può accettarlo. Paul prova a farla ragionare, ma è tutto inutile. C’è un’unica soluzione: Paul dovrà scrivere un altro romanzo. Dovrà riportare in vita Misery.
Ora inizia l’orrore: prigioniero di Annie, Paul diventa Sherazade. Racconta o muori. E così Paul si mette al lavoro. Mentre tenta disperatamente di organizzare una fuga, affronta faccia a faccia, come mai lo ha affrontato nella sua vita, il suo demone, incarnato da Annie. Il demone che accompagna la vita di ogni artista: il demone tirannico e folle della creazione, che tutto ci dona e che in cambio vuole la nostra vita.
Uno dei capolavori dello scrittore più famoso al mondo. Una storia che è orrore, claustrofobia e follia. Una storia che viene presentata con frasi come: “Se siete convinti che l’orrore abbia dei limiti, non conoscete ancora Misery”.
Ma la vicenda di Paul Sheldon, protagonista del libro (e del testo teatrale) e scrittore anch’egli, non è solo questo. Annie, l’infermiera che si trasforma in una carceriera torturatrice che si nutre di pagine scritte e non si ferma davanti a niente pur di salvare il suo personaggio preferito, è l’incarnazione della fascinazione e dell’amore che ogni essere umano sente verso le storie, e verso chi le racconta.
Misery è un testo senza tempo in cui vengono indagati i meandri della mente umana che cerca le storie, le vuole, le brama, e che di fronte alla fonte di quelle storie non può far altro che innamorarsi e nutrirsi, anche a costo di distruggere per sempre chi alimenta i suoi sogni.
Tra tutti gli scrittori che animano le creazioni di King, Paul Sheldon è il più forte, il più disperato. Prigioniero del suo talento e della sua vocazione, scopre se stesso nel viaggio all’inferno in compagnia di Annie. E lei è semplicemente indimenticabile. È solo per esigenze di trama che è davvero crudele e un po’ sadica, ma il suo tema è il tema cardine di tutta la creazione di King: la magia e l’amore.
Annie non è folle, Annie ama alla follia. Annie è l’esasperazione del desiderio e dell’amore per l’arte, di quella silenziosa e segreta preghiera che ognuno di noi innalza nel proprio cuore ogni volta che voltiamo la prima pagina dell’ultimo romanzo del nostro scrittore preferito.
O che sediamo in platea, le luci si spengono e inizia lo spettacolo. Misery è una grande opera sul potere magico della narrazione. Ed ecco perché poter portare questa storia in teatro è una grande occasione e un grande privilegio. Perché il teatro è il luogo della Magia.