L’ultimo film di James Mangold con protagonisti Matt Damon e Christian Bale ha vinto 2 Premi Oscar per il miglior montaggio e il miglior montaggio sonoro
E’ un cinema d’altri tempi, a suo modo classico e romantico, quello di Le Mans ’66 – La grande sfida di James Mangold, portato in sala il 14 novembre 2019 da 20th Century Fox. Un cinema che sa essere adrenalinico e travolgente, ma al contempo anche graffiante e commovente, regalando due ore e mezza di spettacolo in cui è davvero impossibile staccare gli occhi dallo schermo.
Negli anni ’60 la Ford è stanca di perdere la 24 ore di Le Mans contro la Ferrari, così si affida all’ex pilota e brillante ingegnere Carroll Shelby perché progetti un’auto capace di vincere. Shelby sceglie di mettere alla guida della vettura l’inglese Ken Miles, che dopo un iniziale scetticismo accetta la proposta. I due inizieranno a collezionare vittorie prima alla 12 ore di Sebring e poi alla 24 ore di Daytona, arrivando alla fatidica gara di Le Mans del ’66.
Allineandosi alla grande tradizione americana delle pellicole incentrati sullo scontro-incontro tra titani, Mangold realizza uno spettacolo ottimamente costruito, sia nell’estetica che nello sviluppo narrativo. Il versatile regista di Logan e Ragazze interrotte, infatti, punta non solo sulle concitate scene di corsa con automobili realmente presenti in pista, ma anche su quelle che vedono i due protagonisti costruire gradualmente il loro rapporto di amicizia e fiducia reciproca.
Ed è proprio questa abilissima commistione tra spettacolo e intimismo che rende Le Mans ’66 un film così emozionante e toccante. “Il mio scopo – racconta James Mangold alla presentazione romana del film – era analizzare cosa succede quando ci si trova dentro quelle macchine e coinvolgere, così, lo spettatore nelle emozioni del pilota. Insomma, volevo portare sullo schermo qualcosa che in tv di certo non si vede. Sono il primo, infatti, che si annoia a guardare le corse in televisione, perché le trovo fredde e poco emozionanti. In più ho voluto raccontare qualcosa di universale, come l’amicizia, l’amore per il proprio lavoro e ciò che si è disposti a fare per difenderlo. D’altronde, penso che l’automobile sia una grande metafora di vita del 20° secolo. Ciò che più mi interessa far emergere nei miei film è l’umanità dei personaggi, ciò che pensano e provano“.
La costruzione psicologica dei due protagonisti è puntuale e accurata, coadiuvata dall’alchimia che si instaura fra i loro formidabili intrepreti: sia il Carroll Shelby interpretato da Matt Damon che il Ken Miles di Christian Bale, infatti, sono figure carismatiche e con una precisa visione del mondo, ma non certo degli eroi privi di difetti e rimorsi. Il rapporto che instaurano spinge il pubblico a parteggiare per la loro, prima ancora che sulle piste, nella lotta alla mentalità delle grandi industrie che scoraggiano il merito e barattano il talento con la vendibilità.
Mangold ha infatti il merito di raccontare efficacemente quell’attrito che viene a crearsi fra l’individualismo ribelle del singolo e le esigenze dello spietato mondo del Capitale, pronto a tutto pur di difendere le logiche dell’industria e del marketing. “Gli sport, ieri e ancor più oggi, sono una questione aziendale. – dice Mangold – Mi rivedo molto in Shelby e Miles, è successo anche a me di dover lottare per fare i miei film, difendendo le esigenze artistiche contro quelle del denaro“.
Roberto Puntato