L’universo di The Conjuring ideato da James Wan si dimostra florido e in continua espansione. Ecco infatti giungere nelle nostre sale, dal 3 luglio distribuito da Warner Bros., il terzo capitolo di Annabelle, diretto dal veterano sceneggiatore della saga Gary Dauberman.
Un capitolo tutto al femminile che ruota attorno alle avventure di Judy (Mckenna Grace), figlia dei coniugi Warren (Patrick Wilson e Vera Farmiga), della sua baby sitter Mary Ellen (Madison Iseman) e della sua amica Daniela (Katie Sarife).
Ma partiamo dall’incipit, piuttosto curioso, di Annabelle 3: i coniugi Warren hanno appena recuperato la terribile bambola da una famiglia che voleva liberarsene. Il viaggio di ritorno rivelerà il vero potere di Annabelle: la capacità di chiamare a sé altri spiriti maligni. L’unica soluzione è quindi rinchiuderla nella famigerata stanza dei manufatti dei Warren, in un’apposita vetrina dalla quale non dovrà mai uscire.
Patrick Wilson e Vera Farmiga non occupano molto minutaggio in Annabelle 3, visto che lasciano presso il posto alle tre fanciulle succitate, ma la sequenza di apertura che li vede insieme alla bambola è forse la più importante del film.
Da quando poi compaiono in scena le tre protagoniste, Annabelle 3 si poggia su basi collaudatissime, maneggiando i topos più classici del genere, a partire dalla casa buia e infestata.
Eppure la tensione non viene alimentata dai soliti e facili jumpscare, ma il più delle volte spezzata, per prendere direzioni narrative più articolate.
Perché uno dei temi più importanti di Annabelle 3 è l’impossibilità di elaborare il lutto da parte del personaggio di Daniela, che si mostra curiosa verso la chiacchierata attività dei Warren a causa di un senso di colpa legato alla morte del padre.
Ciò la porterà a compiere un gesto estremo e inconsapevole: liberare Annabelle dalla sua teca, e con lei tutti gli altri spiriti della stanza dei Warren, nella speranza di ritrovare quello di suo padre.
Il dramma personale di Daniela non è in realtà l’unico presente in Annabelle 3, ma c’è anche quello della piccola Judy, messa da parte dai compagni di classe a causa della fama dei suoi genitori.
Il suo sentirsi diversa, accresciuto dalla scoperta di un dono simile a quello di sua madre Lorraine, le provoca un dolore che la sua dolce baby sitter Mary Ellen cerca di alleviare riempiendola di premure.
Sono questi certamente gli aspetti più interessanti di un film che si nutre non solo dei precedenti capitoli della saga di The Conjuring (troveremo, in ordine sparso e a piede libero, la Llorona, Hellbound ed il Traghettatore), ma anche di classici del genere teen-horror come Scream o Piccoli brividi.
Dauberman infatti non opta per l’horror più viscerale e sanguinario, ma realizza un prodotto godibile anche per chi non ama il genere, non prendendosi mai troppo sul serio e preferendo ai brividi la psicologia.
Alberto Leali