La cantautrice Diana Tejera si racconta durante la 14esima edizione di Immaginaria, il festival internazionale del cinema delle donne al Nuovo Cinema Aquila
Scoperta da Mogol, la cantautrice Diana Tejera nasce artisticamente con il gruppo Plastico e assieme a loro partecipa a Sanremo Giovani nel 2002 con il singolo “Fruscio”.
Abbandonata la band, la carriera da solista di Diana vanta numerose collaborazioni con nomi di spicco del panorama musicale italiano, tra cui Chiara Civello e Tiziano Ferro. Per quest’ultimo firma i due brani “E fuori è buio” e “Scivoli di nuovo”.
Con all’attivo due album incisi, la musica di Diana Tejera è intrisa di contaminazioni e sonorità ricercate, che la rendono un’artista eclettica e raffinata.
Fino a qualche giorno fa, è stata la Madrina della 14esima edizione di “Immaginaria –International Film Festival of Lesbians & Other Rebellious Women”, il festival a sostegno delle registe lesbiche svoltosi al Nuovo Cinema Aquila di Roma.
Diana cosa ti ha spinta a dire di sì a questo Festival?
Mi ha colpito la loro richiesta e sono molto orgogliosa di essere stata la Madrina di una rassegna così importante, perché proprio in questo periodo storico è fondamentale sottolineare che le donne non hanno nulla di meno rispetto agli uomini. Non si sa perché, ma le donne devono sempre faticare di più ed oggi le cose stanno persino peggiorando. Mi sento molto responsabile, poiché il mio ruolo in questo festival è un messaggio di apertura e sostegno verso le donne e gli omosessuali.
Com’è il mondo lesbo nella musica?
Vedo molte cantante lesbiche che scrivono ancora al maschile e se ne vergognano. In Italia c”è ancora questo tabù e l’unico a fare coming out è stato Tiziano Ferro. Ha fatto bene perché penso sia un dovere sociale. La riservatezza è rispettabile ma la negazione è imperdonabile. L’artista ha il dovere di trasmettere un messaggio di apertura collettiva. Anch’io all’inizio mi tenevo a distanza da questi temi, ma poi ho capito che era ora di metterci la faccia e così ho fatto. Dovrebbero farlo tutti.
La tua musica è piena di contaminazioni e suoni ricercati. Come nasce?
Mio padre è spagnolo, mentre mia madre è italiana. Ho viaggiato tanto e mi piace sperimentare e questo lo si ritrova nella mia musica. Essere un artista fuori dall’Italia viene considerato un lavoro ed è bello che gli altri si siedano e ti ascoltino. C’è rispetto per il mestiere che fai e quando suono, anche se non tutti capiscono la mi lingua, noto che sono entusiasti della mia musica. In Italia è una fatica, si segue il personaggio e non il testo o la musica. E’ un paese bellissimo ma difficile.
Per questo ha creato Riprendiamoci Trastevere?
Sì, è una rassegna di cantautorato prettamente femminile (ma con una piccola partecipazione maschile) che si svolge con grande successo tutti i giovedì. Io nasco a Trastevere, ma a causa del turismo eccessivo ho dovuto cambiare quartiere perché non c’era più spazio per noi musicisti. Forse l’unico rimasto è Callisto, il mio ex portiere di casa. Quindi ho dovuto iniziare a suonare altrove e con Angela Baraldi un giorno ci siamo dette: “Perché non riportiamo la musica a Trastevere e ce la riprendiamo?” E così è stato.
Roberto Puntato