Terza giornata del Rendez-Vous completamente dedicata all’attore/regista Louis Garrel, che ha incontrato il pubblico del festival in due incontri preceduti dai film che lo vedono protagonista. Dopo ‘Planetarium’ della regista Rebecca Zlotowski, presentato al Cinema Fiamma, è la volta del suo primo lavoro da regista, ‘Les deux amis’, incentrato su un triangolo amoroso con sfondo parigino, che ricorda, per la girandola di inganni e sentimenti, molto cinema classico. Il giovane Clément, comparsa del cinema, conosce Mona, dipendente di una paninoteca della Gare du Nord e se ne innamora. Mona però ha un segreto: tutte le sere deve prendere il treno alla stessa ora perché è costretta a rientrare in carcere. Clément, disperato per la sfuggevolezza dell’amata, chiede aiuto al migliore amico Abel, che è sia fisicamente che caratterialmente il suo esatto opposto. Gli imprevisti non mancheranno. Ci sono Jean Renoir e i cineasti della Nouvelle Vague in ‘Les Deux Amis’, ma anche le commedie romantiche e il cinema indipendente americano; c’è una gustosa parodia dei film sul ’68, che sembrano perseguitare la carriera artistica di Louis (da ‘The Dreamers’ ai film con suo padre Philippe); e c’è la letteratura, in particolare Marivaux e Musset. Quello di Garrel regista è un cinema dolceamaro che si svolge per le strade, con personaggi che vagano incerti, fragili e problematici, emarginati dalla vita e rifugiati nell’amore. Un film leggero e divertente, toccante e gioioso, tenero e sincero. Un’opera luminosa, fresca e ben scritta, con tre attori convincenti e un’eleganza e al contempo una vitalità di tono che fa ben sperare nel futuro anche registico del già celebre attore.
Altra pellicola con al centro il fascinoso Louis, presentata come la precedente a Villa Medici, è il discusso ‘Saint Laurent’ di Bertrand Bonello. Un film criticatissimo e odiato da molti, ma che in realtà è il migliore dei biopic finora dedicati al grande stilista. Disinteressandosi del Saint Laurent pubblico e ufficiale e perfino del suo già ipercelebrato talento di stilista, Bonello si concentra sull’Yves privato, travolto dalle debolezze, dai vizi, dalle fragilità, dalle nevrosi, dalle droghe. E non ci risparmia nulla, non temendo certo il ridicolo o il kitsch, ma abbandonandosi senza remore al melodramma più vorticoso e appassionato. Niente celebrazioni, niente nostalgia, ma il ritratto pulsante e affatto edulcorato di un uomo ossessionato dall’estetica, l’ultimo dei dandy, che riesce a catturare nella vita e nei disegni l’aria tumultuosa del suo tempo. Il linguaggio di Bonello è ricercato e raffinato, pop e febbrile: sovrapposizioni temporali e momenti onirici e allucinati arricchiscono questo furente monumento al luccichio della decadenza. Disomogeneo, imperfetto, eccessivo, ma anche libero, provocatorio e accattivante. Ottimo il cast, ma soprattutto sorprendente Gaspard Ulliel, in una delle sue migliori interpretazioni. Gustosi camei di Dominique Sanda e Helmut Berger.
Alberto Leali