Birmania. Ashin Wirathu è un influente monaco buddista che, nonostante il ruolo di rappresentante della più pacifica delle fedi, fomenta l’odio dei suoi seguaci nei confronti della minoranza musulmana dei Rohingya, spingendoli alla lotta armata e convincendoli che la loro religione sia minacciata di estinzione.
In un Paese come la Birmania, in cui il 90% della popolazione è buddista e professa la non-violenza e la necessità di amare tutti gli esseri viventi, una figura come quella di Wirathu, prigioniero politico e successivamente fondatore del movimento antimusulmano 969, desta un certo stupore.
Con Il Venerabile W. Barbet Schroeder realizza un documento spaventoso, doloroso, attualissimo: la parabola di un disegno di genocidio che affonda le proprie radici nel passato e nei profondi strascichi lasciati nel presente.
Come avvenuto per una delle più grandi tragedie del secolo scorso, le abili capacità retoriche e gli esaltati proclami poggiati su fake news incentivano la percezione del pericolo, spingendo la popolazione a boicottare socialmente ed economicamente il “nemico”, mentre il nazionalismo e il massiccio utilizzo degli strumenti di comunicazione (la diffusione di migliai di dvd gratuiti e libri oggetto di censura) arrivano persino ad incidere sulla legislazione del Paese, trasformando la religione più umanista della storia in strumento di violenza e prevaricazione.
Schroeder mette insieme il materiale filmato di propria mano con il variegato archivio di immagini a disposizione, dimostrando quanto sia facile far scattare la scintilla dell’odio, anche nella terra della pace per antonomasia. Ma anche come i legami tra religione e politica abbiano radici antiche e difficili da estirpare in ogni parte del globo.
A provocare sconcerto non sono solo le immagini amatoriali delle brutalità ai danni dei Rohingya, ma anche i momenti in cui Schroeder sposta la riflessione dall’Oriente all’Occidente, rilevando inquietanti corrispondenze.
Il regista lascia parlare i fatti di cronaca e i sermoni di W., non esprime giudizi, ma espone i punti di vista dei monaci nazionalisti, delle vittime e dei giornalisti, mentre la voce fuori campo di Bulle Ogier cita le massime del Buddha mettendole in contrapposizione con la tragica realtà del genocidio.
Ciò che mette davvero i brividi nel Venerabile W. è, però, ancor più del protagonista, la folla dei seguaci adoranti, quelli che inseguono un ragazzo per abbatterlo a bastonate o che accatastano i cadaveri in un rogo di medievale memoria.
Il Venerabile W. è un film assolutamente da vedere, che ti scuote e ti rimane in testa. Nelle sale italiane dal 21 marzo, Giornata internazionale contro la discriminazione razziale, distribuito da Satine Film e accompagnato da un corto in cui il regista spiega come è nato il suo progetto.
Alberto Leali