Il grande merito del primo Creed, diretto da Ryan Coogler, era l’aver riportato in luce la saga di Rocky, omaggiandola in modo misurato ma al contempo puntando al futuro. Per farlo, aveva scollato Sylvester Stallone dalla mitologia del personaggio che lo rese una star, per renderlo un mentore stanco, a cui nuovi aspiranti campioni del pugilato potevano guardare come esempio.
In quel film, il giovane Adonis (Michael B. Jordan), figlio illegittimo del defunto campione Apollo Creed (Carl Weathers), lottava contro l’ingombrante lascito del padre, riusciva a conquistare la cintura che era stata del genitore e del suo maestro Rocky e si consacrava degno erede di entrambi i pugili.
A distanza di 30 anni dagli eventi di Rocky IV, ovvero dal celeberrimo scontro tra il russo Ivan Drago (Dolph Lundgren), colpevole di aver ucciso Apollo sul ring, e l’americano Rocky Balboa, Creed II, firmato da Steven Caple Jr., riallaccia le fila del racconto, mettendo in scena una storia di padri e di figli, di pentimento e redenzione.
Drago ha perso tutto (la gloria, la stima del suo Paese, sua moglie) e a riempirgli il cuore ci sono solo la rabbia e un profondo desiderio di vendetta. L’occasione del suo riscatto sembra giungere grazie alla forza del figlio Viktor (il pugile Florian Munteanu), addestrato ferocemente allo scopo di riappropriarsi dell’onore strappatogli da Rocky e di riacquistare la fama in terra natia.
Il vero centro nevralgico ed emotivo di Creed II sta, dunque, tutto nello scontro psicologico tra i due vecchi avversari interpretati da Lundgren e Stallone, destinati a battersi nuovamente sul ring attraverso le interposte persone dei rispettivi “figli”.
Al contempo, questi ultimi dovranno risolvere i conflitti che tormentano i loro animi: nonostante il suo mentore glielo sconsigli, Adonis è pronto ad accettare la sfida di Drago per vendicare la morte di suo padre, ma ciò che ha da perdere (la moglie Bianca e la figlia appena nata) non è certo di poco conto. Allo stesso modo, Viktor è pronto a battersi anima e corpo per amore di un padre accecato dalla vendetta e pronto a sacrificare ad essa il suo unico figlio.
Il finale, ovviamente, si può immaginare, ma non mancano i momenti spettacolari, toccanti e appassionanti che rendono Creed II un film perfetto nel suo genere, capace di sfruttare abilmente elementi narrativi di certo non nuovi.
Ne deriva un profondo racconto generazionale e al contempo un’opera di grande intrattenimento, che non sfigura affatto dinanzi al film di Coogler, né ai precedenti capitoli della saga di Rocky. Il merito va soprattutto a Sylvester Stallone, anche sceneggiatore assieme all’esordiente Juel Taylor, che si congeda definitivamente dal ruolo che lo rese leggenda, con un personaggio conscio degli errori di gioventù e pregno di malinconica saggezza.
Ma non meno importante, ai fini dell’ottimo risultato del film, è la performance fisica e istintiva di Michael B. Jordan, che fa da contraltare a quella più riflessiva del suo maestro Sly. Al cinema dal 24 gennaio con Warner Bros. Pictures.
Alberto Leali