Dopo il RIFF – Rome Independent Film Festival 2018, Enzo De Camillis presenta il suo documentario Le Periferie di Roma e il Movimento Democratico alla Sala Zavattini FONDAZIONE AAMOD. Un’analisi accurata del rapporto tra politica e periferie romane nel 1947
Enzo De Camillis torna dietro la macchina da presa con il prezioso documentario Le Periferie di Roma e il Movimento Democratico, in concorso al RIFF – Rome Independent Film Festival 2018 e presentato mercoledì 5 giugno alle 18 alla Sala Zavattini FONDAZIONE AAMOD, alla presenza del regista e di Roberto Morassut e Vincenzo Vita.
Dopo il successo ottenuto con il premio cinematografico dedicato alle Maestranze, La Pellicola d’Oro, di cui è fondatore e Direttore Artistico, e la Mostra P.P. Pasolini: Io so…, da lui realizzata e ospitata a Buenos Aires, il regista e scenografo torna a parlare della Capitale, con un documentario dedicato alle periferie romane nel 1947.
Grazie alle immagini di repertorio dell’Aamod e alle testimonianze di Francesco Rutelli, ex Sindaco di Roma, Roberto Morassut, deputato del PD, Marisa Rodano, fondatrice UDI (Unione Donne Italiane), e degli ex sindaci di Roma Argan, Petroselli e Vetere, Enzo De Camillis compone un ritratto accurato del rapporto fra politica e periferie, che molto fa riflettere sul nostro presente.
In questo suo ultimo progetto si parla ancora una volta di borgate. Come mai questa esigenza e quali sono gli aspetti salienti del suo film?
Le periferie sono l’ossatura popolare di una città e di una nazione, il fulcro centrale dei problemi di una società, ma anche e soprattutto, un vivaio di giovani che hanno bisogno di imparare, di ascoltare di avere una guida. Sono convinto che le difficoltà che si vivono in una borgata aiutano a pensare, a sognare, a inventare, per raggiungere con sacrificio ciò che si desidera. Questo vivaio naturale, però, può coordinarlo solo lo Stato con le istituzioni e la politica, per dare istruzione, impegno sportivo e senso civico. La politica purtroppo ha oggi abbandonato totalmente la periferia in qualsiasi città d’Italia, e in particolar modo nelle grandi realtà come Napoli, Roma Milano, ecc. Una periferia con il suo degrado non è più ai margini della città, ma è ormai nella città. A Roma vediamo i senzatetto che vivono e dormono presso la Stazione Termini, sotto il colonnato di San Pietro o in qualche angolo di un supermercato ad orario continuato. E in tutto questo abbandono la politica e gli uomini di politica dove sono? Cosa fanno? Quali sono i loro programmi per sostenere le difficoltà di una popolazione che vive nelle periferie?
Sono cambiate le periferie romane dal ’47 ad oggi?
Sono molto cambiate, purtroppo dal mio punto di vista in negativo. Nel ’47 la politica tutta era complice e compatta per ricostruire uno Stato, una Nazione, mettendo da parte le proprie ideologie; la popolazione era stanca di una guerra finita da pochissimo, ma aveva la forza, la complicità e la tenacia di ricostruire un futuro per i loro figli. Oggi tutto questo non c’è più, c’è solo un grosso individualismo che porta alla violenza. Non abbiamo più spirito civico e rispetto verso il prossimo, i giovani hanno la pretesa di raggiungere gli obiettivi che ti offre la vita senza nessun sacrificio. Tutto questo è creato dall’abbandono delle istituzioni e quindi degli uomini politici che preferiscono 3 minuti di notorietà televisiva a un incontro con la cittadinanza periferica. Una politica che pensa esclusivamente alla commercializzazione di un voto, ad acquisire potere, presunzione e arroganza, e non certo alla risoluzione di un problema che il cittadino le pone. E’ vero che i giovani delle periferie non ricevono più un’educazione dalle loro famiglie, ma è anche vero che le istituzioni hanno dato un grosso aiuto per arrivare a questo risultato. Nelle scuole sono state tolte o ridimensionate materie indispensabili per la crescita di un giovane, come l’Educazione Civica (e ci lamentiamo se i giovani non si alzano di fronte ad un anziano in autobus!), la Storia (come si può togliere una materia che racconta la crescita e/o l’evoluzione del tuo Paese!), la Geografia e per finire, come ho scoperto da pochissimo facendo una lezione nel mio ex liceo artistico Alessandro Caravillani, non c’è più l’Anatomia Artistica! Sembrano programmi voluti per un popolo ignorante, non dobbiamo quindi stupirci se ciò che si crea è una generazione di violenti, di ladri, di incivili, di irrispettosi verso il prossimo!
Da romano, cosa rappresenta per lei Roma?
Roma è una delle più belle città del mondo, perché ha una storia, una cultura architettonica e artistica forse unica al mondo. Ma il romano (non tutti viva Dio) ha la presunzione di viverci senza conoscerla e rispettarla, aiutato chiaramente da una politica che non apprezza, protegge e valorizza i gioielli di questa città. Abbiamo Musei in qualsiasi angolo della città, ma non tutti sono conosciuti per mancanza di di promozione. Abbiamo, o meglio abbiamo avuto, un cinema e una Cinecittà conosciuti nel modo dai primi anni ’50. E poi? Quando ho iniziato a fare cinema (1977), si producevano 400 film l’anno; oggi, se riusciamo a realizzarne 100 siamo fortunati, e non sono tutti di qualità o spendibili nel mercato internazionale. Quindi, film che non vanno all’estero non promuovono il nostro territorio turistico. Roma è per me Storia, Arte, Cultura, Architettura, Cinema, Turismo…Spero che prima o poi la politica riesca a rilanciarla.
Il suo film raccoglie diversi interventi di ex rappresentanti della politica romana. C’è qualche loro affermazione che l’ha particolarmente colpita o fatta riflettere?
Questo mio lavoro è per me un documento per ricordare quello che è stato fatto in precedenza da una politica con la voglia di fare e di cambiare, esaltando gli uomini che negli anni ’70 hanno brillato come primi cittadini di Roma: G.C. Argan, Luigi Petroselli e Ugo Vetere. E poi? L’abbandono totale delle periferie, da parte di qualsiasi colore politico. Intervistare un ex sindaco di Roma, con deputati e assessori di quel periodo, che testimoniano, e alla fine sottolineano, il degrado e l’abbandono delle periferie, per me vuol dire che c’è ancora qualcuno che riesce a fare un’autocritica anche sul proprio operato, sperando in un risveglio di onestà culturale della politica.
Roberto Puntato