Quattro coppie estranee fra loro si danno appuntamento in uno chalet in montagna, con l’obiettivo (non proprio noto a tutte) di trascorrere un Capodanno all’insegna della trasgressione. Troviamo, così, Romano (Alessandro Haber), politico in sedia a rotelle e voyeur accompagnato dall’apatica Nancy (Vittoria Puccini), Domitilla (Isabella Ferrari), signora dell’alta borghesia col figlio scambiato per toy-boy (Ludovico Succio), il ladro Mirko (Luca Argentero) e la sua remissiva compagna Iole (Ilenia Pastorelli), e il trasgressivo Valerio (Riccardo Scamarcio) con la dubbiosa sposina Marina (Valentina Lodovini). La nottata prenderà una piega molto diversa dalle aspettative.
Un’unica location, un cast variopinto, citazioni cinefile e uno degli sceneggiatori di Perfetti Sconosciuti al suo debutto come regista. Sono questi gli ingredienti che formano la black comedy Cosa fai a Capodanno?, un cinepanettone al veleno per topi, come lo ha definito il suo autore Filippo Bologna.
Una storia bizzarra e sopra le righe che utilizza il sesso come pretesto per raccontare le problematiche e le contraddizioni del nostro presente: migrazione, droga, razzismo, divisioni politiche, lotta di classe, rapporti di coppia masochistici…
Il tutto in una miscela ibrida di dramma da camera, commedia alla Ferreri, western tarantiniano (sottolineato dalle musiche di Pasquale Catalano) e black humor alla Coen: un esperimento certamente nuovo per il cinema italiano, ma non sempre all’altezza delle ambizioni, a causa soprattutto di una sceneggiatura che non maneggia al meglio i generi toccati.
Se è vero, infatti, che Cosa fai a Capodanno? non annoia grazie alla bravura dei numerosi attori coinvolti, che si dimostrano a loro agio anche in ruoli diversi da quelli in cui siamo abituati a vederli, c’è da ammettere che, in quanto a costruzione dei dialoghi e delle dinamiche narrative, finisce a lungo andare per non reggere.
Se è stuzzicante, infatti, l’idea di tingere di nero un tipico contesto da cinepanettone, al film di Bologna mancano purtroppo l’acutezza e la cattiveria necessarie per risultare realmente graffiante in merito alle tematiche trattate.
Come in Perfetti sconosciuti, anche qui i segreti hanno un peso fondamentale, in quanto ogni personaggio ha qualcosa da nascondere al proprio partner e che verrà fuori nel momento cruciale, ed esagitato, della resa dei conti.
Tra colpi di scena, funghi allucinogeni, scenate, frustrazioni sessuali e dolori repressi, emerge, infatti, il ritratto di un’umanità fragile e smarrita, che cela dietro la ricerca della trasgressione incertezze e vuoti emotivi.
Eppure il disegno dei personaggi appare troppo superficiale e forzato per colpire nel segno, così che il film si dimostra interessante più come elegia di un cinema che non esiste più e che a suo modo ha saputo raccontare l’Italia e gli italiani che come esperimento lungimirante e innovativo. Dal 15 novembre al cinema con Vision Distribution.
Alberto Leali