Presentato al Festival di Berlino tra le proiezioni speciali della sezione Panorama, Styx porta la firma del regista austriaco Wolfgang Fischer, che colpisce duro con un film importante e tristemente attuale.
Il mare è al centro, o meglio il centro, della narrazione, così come l’analisi della psicologia della protagonista, un competente medico d’urgenza, che parte, a bordo della sua barca, per il viaggio dei suoi sogni.
Diretta da Gibilterra, lì dove per la mitologia finisce l’Europa e inizia un nuovo mondo, verso un’isola tropicale dell’Oceano Atlantico, Rike, la bravissima Susanne Wolff, si dimostra una donna forte, indipendente e organizzata, capace perfino di affrontare con fermezza una tempesta forza nove.
L’approccio di Fischer, che gira il film per il 90% in mare aperto senza effetti speciali, è naturalista e immersivo e sin da subito pone lo spettatore al fianco della protagonista, facendogli condividere le sue esperienze visive, emotive e sensoriali senza alcun ausilio di dialogo.
La vera svolta del film si ha, però, quando la donna si trova davanti un battello alla deriva pieno di immigrati che hanno urgentemente bisogno di aiuto. Sola e smarrita, chiama prontamente i soccorsi, che però tardano ad arrivare, intimandole nel frattempo di non intervenire, inventando una serie di disumani pretesti.
Intanto, un adolescente africano salta dal battello per raggiungere la barca di Rike: la donna fa di tutto per aiutarlo, mentre il ragazzo cerca di invogliarla a fare qualcosa per gli altri membri dell’imbarcazione che stanno morendo.
Il viaggio di Rike si trasformerà così in un incubo ad occhi aperti, che la vedrà impotente ad affrontare la tragedia e la crudeltà del nostro oggi. Lo stile è del documentario, ma in realtà Styx è un’allegoria asciutta, potente e ottimamente costruita su un mondo diviso, che ha assunto contorni sempre più terribili e inquietanti.
Forte come un pugno sferrato nello stomaco, il film di Fischer diviene così un faccia a faccia con la coscienza, la morale, lo sgomento e l’impotenza. Ciò che accade dinanzi agli occhi di Rike, e dinanzi ai nostri, non è altro che la più grande tragedia del mondo odierno: la disumana indifferenza.
Piena è l’immedesimazione dello spettatore nella tragedia della protagonista: lei, medico con l’obbligo del giuramento d’Ippocrate e capace di mettere in salvo vite umane, si trova di fronte al dilemma se intervenire o meno, poiché qualunque sua scelta potrebbe sia salvare persone che provocare altre morti.
Efficace, inoltre, è l’incipit del film, che mostra come, a causa di un incidente stradale, il ferito viene prontamente tratto in salvo, circondato da macchine e soccorsi: un perfetto esempio dell’Occidente capitalista, efficiente e garantito, che salva le persone in base alla nazionalità, e non solo perché si tratta di esseri umani.
Styx ha ricevuto il Premio della Giuria Ecumenica al Festival di Berlino 2018 e si è classificato tra i finalisti per il premio LUX del Parlamento Europeo. Nelle sale italiane arriverà dal 15 novembre distribuito da Cineclub Internazionale. Non perdetelo!
Alberto Leali