Ad Alice nella città si parla di amore LGBT e desiderio di maternità. Karole Di Tommaso racconta il suo Mamma + Mamma, al cinema dal 14 febbraio e in anteprima a Roma al Cinema Aquila con cast e istituzioni
Mamma + Mamma è la storia di due ragazze che si amano e che desiderano un figlio. Il film di Karole Di Tommaso, presentato nella sezione Panorama Italia di Alice nella città nell’ambito della 13ma Festa del Cinema di Roma, racconta la loro lotta per vederlo realizzato, quell’altalena di entusiasmi e sconforto che accompagna un percorso faticoso ed impervio.
Prodotto da BiBi Film con Rai Cinema, il film uscirà nelle sale a partire da San Valentino, giovedì 14 febbraio, distribuito da BiBi Film con il sostegno di Altri Sguardi. Inoltre, martedì 12 febbraio, alle ore 21.30 presso il Cinema Aquila di Roma, ci sarà un’anteprima aperta al pubblico alla presenza del cast e di associazioni e di personalità vicine al mondo LGBTQI, tra cui la Senatrice Monica Cirinnà.
Karole, so che inizialmente avevi intenzione di intitolare il film La bambina sintetica. Come mai in seguito hai scelto Mamma+Mamma?
Quando è nato questo film, avevo intenzione di avere un bambino e a quell’epoca c’erano molte polemiche sull’inseminazione assistita. I bambini nati in quel modo li chiamavano “sintetici”, così ho iniziato ad appuntare giorno per giorno sul mio diario le mie riflessioni per comporre una storia. Sentivo soprattutto il bisogno di scrivere che non si tratta di bambini sintetici, ma frutto d’amore: l’ho voluto fare per tutti quei piccoli che in Italia non hanno diritti. Però, mentre giravo, mi sono resa conto che il sentimento da cui ero guidata non era provocatorio, ma piuttosto accogliente e pieno d’amore, così ho trovato un titolo più semplice e rotondo, che non cedesse a strumentalizzazioni.
La protagonista ha il tuo stesso nome, quindi deduco si tratti di una storia vera…
Sì, tutti i personaggi del film sono ispirati a persone reali, alcuni sono persino i veri protagonisti della mia vicenda di vita, come Andrea, l’ex fidanzato di mia moglie, o la madre di Karole, che è la mia vera madre. La finzione, insomma, mi è servita per riempire quei buchi che ognuno di noi ha nella realtà che lo circonda. I nomi delle protagoniste sono rimasti quelli della vita vera, ma ho mantenuto anche i pregi e i difetti di tutti i personaggi in scena. Ovunque, nella vita, la finzione si mescola alla realtà; la verità non so nemmeno cos’è. Nonostante ciò, quello che racconto nel film è tutto vero.
Karole Di Tommaso e il cast di Mamma + Mamma alla presentazione ad Alice nella Città
Un film che non dimentica di sottolineare molti seri problemi del nostro presente…
Nonostante abbia costruito una favola, non ho mai pensato di nascondere i problemi e le difficoltà che viviamo nel nostro oggi. Perché se l’obiettivo è quello di raccontare un sogno, il messaggio che voglio lanciare è che non bisogna mai smettere di crederci, provando in tutti i modi a realizzarlo. La mia storia non è tutta rosea come quelle di Instagram, ma nonostante i dolori e le difficoltà, è positiva.
Avete girato la scena dell’adozione a Barcellona. Problemi con l’Italia?
Sì, abbiamo avuto molti problemi a girare queste scene in Italia; varie cliniche confermavano la location, poi si tiravano indietro perché non si volevano associare all’idea dell’inseminazione. C’è molto da lavorare in questo senso nel nostro Paese; è stato ovviamente più facile girare a Barcellona dove questi problemi non esistono.
Ti ha sorpreso che qualcuno abbia voluto produrre il film, considerando che il cinema italiano è ancora molto bigotto in riferimento alla tematica trattata?
Io sono sempre fiduciosa: nel mio film si racconta l’amore tra due donne e il loro desiderio di maternità, una cosa normale che merita certamente di essere raccontata. Ricevere una porta in faccia per un tema difficile è sempre sgradevole, e in più in Italia abbiamo un governo che non ci aiuta. Però per fortuna noto che milioni di persone Lgbt non temono di realizzare ed esprimere la propria felicità; mi auguro pertanto che questo non venga più considerato un tabù.
Roberto Puntato