Tra le pre-aperture della tredicesima Festa del Cinema di Roma,Questo è mio fratello, il prezioso documentario di Marco Leopardi, che racconta la lotta di suo fratello Massimo con uno dei mali più diffusi del ventunesimo secolo: la depressione
Massimo combatte da 25 anni contro la depressione. Suo fratello maggiore Marco, regista del film, prova a raccontare la sua storia, avvalendosi delle immagini e delle parole dello stesso Massimo, che si riprende durante le varie fasi della sua malattia. Allo stesso tempo, il regista procede a ritroso con la memoria, grazie ai numerosi filmini di famiglia girati dal padre, per ricostruire la vicenda di Massimo e raccontare, comprendendolo, il suo dolore.
Tra i film di pre-apertura della tredicesima Festa del Cinema di Roma, c’è il prezioso documentario di Marco Leopardi, Questo è mio fratello, che prova a far luce sulla malattia più diffusa del ventunesimo secolo: la depressione.
Il film è costruito raccogliendo tutti i filmati che Massimo, fratello del regista, ha girato durante la sua malattia: confessandosi, infatti, davanti alla telecamera, che finisce per diventare la sua migliore amica, Massimo racconta senza filtri il proprio dolore, per rintracciarne una possibile spiegazione.
Anche Marco cerca di comprendere la malattia del fratello, ripercorrendo la sua storia attraverso una serie di filmini di famiglia, che vanno a comporre un sorprendente e variegato puzzle di ricordi ed emozioni.
“Ho visto molti documentari sul tema della depressione, ma non sono mai riuscito a trovarne una spiegazione – spiega Massimo Leopardi -. Forse perché effettivamente non c’è. Per me, però, era importante lanciare un messaggio positivo a tutti coloro che ne soffrono. Insieme a Marco siamo riusciti, visionando ore ed ore di girato, a mettere insieme i pezzi di una storia, trasformando il male in un trampolino di lancio. Molti non sanno della mia “seconda vita”, ma grazie a questo film, e soprattutto grazie a Marco, ho avuto il coraggio di parlarne apertamente”
“Ho usato il materiale a disposizione per pilotare il punto di vista di Massimo – racconta il regista Marco Leopardi – ma allo stesso tempo per fornire il mio. Nessuno di noi ha la verità in tasca e le opinioni sono spesso diversissime. Ciò che è certo è che io e Massimo con questo lavoro abbiamo approfondito molto la nostra conoscenza“.
La passione comune per le videoriprese, trasmessa ai fratelli dal padre, diviene, così, strumento terapeutico di analisi, comprensione e conoscenza. Interessante è, infatti, come si delineino, tramite il racconto filmico, il rapporto e i caratteri dei due fratelli: “Io sono uno scatenato egocentrico, lui un timido patologico“, come rivela Massimo.
Ma soprattutto la diversa concezione che i due hanno della figura paterna, che un ruolo fondamentale ha rivestito sull’indole di Massimo: per Marco, infatti, è un uomo timido e incapace di esternare i propri sentimenti, per suo fratello minore un anaffettivo, di cui ha sempre cercato, con scarsi risultati, di attirare le attenzioni.
Oggi Massimo si definisce maturo e guarito e guarda con lucidità a un percorso lungo e faticoso, cercando una possibile spiegazione a quel male subdolo e invisibile: “Credo che lo stress della vita, apportato in particolar modo dalla tecnologia, possa influire molto sulla depressione. Ho lavorato per tanti anni come controllore di satelliti ed avevo addosso un’ansia continua. Se avessi saputo a cosa sarei andato incontro avrei subito cambiato lavoro. Certamente occuparsi di qualcuno, come ho fatto con mio padre quando si è ammalato, e ascoltare gli altri è fondamentale per sentirsi meglio”.
A credere fermamente nel coraggioso progetto di Questo è mio fratello è stata la produttrice Donatella Palermo (Fuocoammare), che ha lodato il film per la sua capacità di conciliare un tema di cui tanti tacitamente soffrono con la storia privata e personalissima di Massimo, costruendo un inedito ritratto di famiglia dall’interno.
Alberto Leali