Menzione speciale al Festival di Berlino 2016, ‘Dall’altra parte’ è un film bello e importante che tratta con grande intensità una storia di pentimento e di perdono sullo sfondo della dolorosa eredità della guerra civile jugoslava. Settimo film del regista croato Zrinko Ogresta e candidato della Croazia agli Oscar 2017, ‘Dall’altra parte’ narra di quel difficile e precario equilibrio che faticosamente si è raggiunto dopo anni di dolore e sensi di colpa e che improvvisamente si sgretola col ritorno alle emozioni e ai ricordi di un passato che torna impietoso a bussare alla porta. È ciò che accade a Vesna, infermiera a domicilio di Zagabria, che un giorno riceve una telefonata misteriosa da un uomo che si presenta come suo marito Zarko, ex capitano dell’Esercito Nazionale di Jugoslavia, condannato per crimini di guerra commessi in Bosnia e Croazia, che la donna non sente né vede da 20 anni. L’uomo vuole ricongiungersi con la sua famiglia, ma mentre i due figli rifiutano nettamente qualsiasi contatto col padre, Vesna sente pian piano che qualcosa dentro di lei inizia a cedere e che le cicatrici lasciate da una guerra terribile e fratricida e dalla vergogna e dalle umiliazioni subite sono ancora in grado di colpire duramente. ‘Dall’altra parte’ è un film raffinatissimo e delicato, curato nei minimi dettagli in ogni singola inquadratura. Lunghi piani sequenza pregni di particolari scandiscono, così, la quotidianità fintamente tranquilla di Vesna e al contempo guidano lo spettatore verso la comprensione e il districamento della vicenda, che diviene tesa e coinvolgente quasi come un thriller psicologico, con tanto di colpo di scena finale. La coppia di attori protagonisti è straordinaria e i loro volti sono capaci di parlare ancor prima delle parole. Un film sul perdono e sulla riconciliazione, ma anche sull’umanità, sulla pietà, sul riscatto, sui segni indelebili di un passato ingombrante. Perché dopo una guerra, qualunque essa sia, la vita va avanti ed è umano oltre che legittimo volersi lasciare la sofferenza alle spalle. Ma è anche vero che basta poco perché la nostra coscienza spacchi lo scudo difensivo e protettivo che ci siamo costruiti, lasciandoci nuovamente in balia di dubbi e dolore. L’umanità e la volontà di riscatto di Vesna è mostrata nella generosità con cui svolge il suo lavoro di infermiera, nella affettuosa solerzia verso i figli e persino verso l’amante incinta del figlio. Eppure, la vediamo smarrita, confusa, profondamente in crisi nell’udire la voce dell’uomo che aveva amato e poi tentato dolorosamente di dimenticare. O ci stringe il cuore assistere alla sequenza in cui due dei suoi ex vicini di casa di tanti anni prima la raggiungono per chiederle se può aiutarli a rintracciare le fosse comuni dove sono sepolti le donne e i bambini del loro villaggio. O ancora quando vediamo la donna nel tentativo imbarazzante e sofferto di aiutare come può quella figlia che porta sulle spalle il fardello di un cognome infamato dalle azioni del padre. Tutto ciò racchiuso nella stringatezza ammirevole di 80 minuti, in un film estremamente necessario.
Alberto Leali