Luciana è una giovane immigrata spagnola a New York, fuggita da un traumatico incidente del suo passato. Nella speranza di sbarcare il lunario, accetta lavori di ogni tipo, come fare la babysitter o distribuire volantini pubblicitari travestita da pollo. Un giorno, la sua collega Olga le propone di recarsi al suo posto ad una festa esclusiva, la cui sola partecipazione è pagata duemila dollari. Dubbiosa, ma spinta dal bisogno, Luciana accetta: si troverà coinvolta in un incubo da cui non sarà facile uscire.
Most Beautiful Island segna l’esordio alla regia dell’attrice Ana Asensio, qui anche sceneggiatrice ed interprete principale. Il film, prodotto da Larry Fessenden, piccolo guru del cinema indipendente americano, è un thriller psicologico dallo stile alla Dardenne, girato in 16mm con la macchina da presa in continuo movimento, che segue la protagonista nella sua faticosa quotidianità newyorkese.
La brulicante metropoli (il film si apre proprio sulla massa umana che popola confusamente le avenues) è infatti co-protagonista indiscussa della vicenda: una promised land fasulla e indifferente, inospitale e dalle mille insidie.
Lo sguardo inquieto di Luciana non abbandona un solo attimo lo schermo, facendo emergere tutte le ansie, le paure e il dolore di chi cerca disperatamente di lasciarsi alle spalle le ferite della vita. La prima parte di Most Beautiful Island mette in scena la quotidiana lotta alla sopravvivenza della protagonista, rendendo alla perfezione lo stress fisico ed emotivo di una donna che è costretta a calpestare ripetutamente la propria dignità pur di andare avanti.
Nella seconda parte, però, le cose cambiando e il film acquista un’atmosfera sempre più tesa e claustrofobica, catapultando lo spettatore nell’incubo vissuto inavvertitamente da Luciana. L’affollata e dispersiva New York assume le forme di una città sotterranea e invisibile, in cui immigrate in difficoltà, sole e senza alcuna tutela divengono pedine di un gioco pericoloso in cui la posta in gioco è la vita.
La Asensio si dimostra molto abile nella costruzione della tensione, facendo sì che l’ansia e il terrore di Luciana invadano lo spettatore sia prima che dopo il disvelamento di ciò che si cela dietro l’uscio di una porta.
Allo stesso tempo, la regista esplora l’inconscio femminile con i suoi lati più oscuri e inesprimibili, riflettendo sulla difficoltà di fronteggiare l’intimità del dramma ma anche sull’ineludibilità liberatoria del dolore. Un film assolutamente da non perdere, che vi rimarrà in testa a lungo. Al cinema dal 16 agosto con EXIT Media
Roberto Puntato