Roma, 1986. Francesco e Carlo sono due amici dodicenni allegri e spensierati, che si divertono a remixare con un mangianastri televendite televisive e film per adulti. Trent’anni dopo, però, ritroviamo entrambi alle prese con una profonda crisi esistenziale. Francesco è stato lasciato dalla moglie e costretto a tornare dalla madre, sua figlia lo vede come un fallito e un immaturo, e in più viene licenziato dal suo incarico di insegnante di sostegno. Carlo, invece, depresso da anni, vive barricato in casa con la madre, con cui intrattiene un rapporto conflittuale.
Riccardo Camilli scrive, dirige e interpreta il suo primo lungometraggio, Peggio per me, una commedia fresca, intelligente e profonda sulla difficoltà di volare di due quarantenni che hanno chiuso nel cassetto i propri sogni.
Legati a doppio filo alle loro genitrici, scontenti del presente ed impauriti da un futuro che non offre spiragli di luce, Francesco e Carlo hanno perso la spensieratezza ridanciana dell’infanzia e sposato la mortifera depressione dell’età adulta, convinti di non poter impedire il loro definitivo fallimento.
Sarà, però, proprio grazie ai ricordi infantili e alla riscoperta di quella parte fanciullesca che ognuno di noi custodisce dentro di sé, che troveranno la forza per dare uno scossone alle proprie vite e finalmente riappropriarsene.
A tal proposito, gli anni ’80, ben ricostruiti nei flashback e inseriti con perizia nella struttura narrativa, non profumano certo di nostalgia, ma divengono propulsore per il presente ed il futuro.
Il merito maggiore di Peggio per me è saper raccontare con efficacia, attraverso le fragilità, le ansie e le insicurezze dei suoi protagonisti, lo smarrimento della generazione dei quarantenni di oggi.
Attraverso gustosi tocchi da fiaba surreale (vedasi i divertenti dialoghi tra il piccolo e il grande Francesco), il film diviene, però, un inno alla riconquista della leggerezza e dell’amore per la vita, illuminato da attori bravissimi ed empatici (fratelli nella realtà) e da una sceneggiatura dai dialoghi vivi e spontanei.
Tra ironia, tenerezza, malinconia e speranza, un bell’esempio di cinema che fa centro con pochi soldi e tanto cuore.
Roberto Puntato