Lo chef Massimo Riccioli del ristorante La Rosetta propone per l’estate tre menu diversi per tutte le tasche. A pochi passi dal Pantheon, l’osteria che ha segnato come pochi altri la cucina di pesce romana
Dal 1966 a pochi passi dal Pantheon nasce La Rosetta, ristorante di famiglia ora gestito dallo Chef Massimo Riccioli. Siciliano di nascita, apprende i sapori della cucina grazie ai preziosi insegnamenti familiari per poi rileggerli con inventiva e dedizione grazie alla sua impronta internazionale. Una carriera di ben 52 anni di attività, quella di Massimo Riccioli, che porta La Rosetta ad essere fondamentale punto di riferimento per la cucina marinara. Ne caratterizzano il successo: la qualità, i prodotti freschi e ricercati, la creatività e la passione del cibo. Per l’estate, La Rosetta propone tre tipi di menù per tutte le tasche, pronti a deliziare i palati dei suoi clienti.
Massimo Riccioli, come nasce la sua passione per pentole e fornelli?
“Nasco in una famiglia umile, dove non regnava l’abbondanza, ma il pesce e il cibo erano una scelta esistenziale. A distanza di tempo, ho capito che a casa mia non c’era un solo odore sbagliato, mentre a casa degli altri sì. Ricordo gli indimenticabili pranzi della domenica di mio padre. Lui, ad esempio, cucinava anche la frittura con l’olio extra vergine di oliva. Per lui la cucina era un’arte sacra”.
Come opera Massimo Riccioli all’interno de La Rosetta?
“Con me ci sono aziende che operano da anni e che curano i prodotti che poi servo ai tavoli de La Rosetta. Mi servo di persone che trasformano la cultura del cibo in qualcosa di essenziale nella vita: ho, ad esempio, un wine broker formato grazie a vari concorsi enologici in Francia e a Londra e poi i miei fornitori di pesce, verdura, pasta, olio e frutta di massima fiducia. La gente ha bisogno di tutto questo, il mondo cambia in modo quasi esponenziale e se non stai al passo, perdi delle priorità e delle realtà che credo siano fondamentali per il nostro palato”.
Lo Chef Massimo Riccioli, come firma i suoi piatti?
“Dal 1982 ho rilevato il ristorante dei miei genitori e da lì ho iniziato a portare il pesce sulle tavole di Roma. Tradizione, innovazione e viaggi caratterizzano sicuramente i miei piatti. Soprattutto i viaggi, perché se pensi che la tua cultura è l’unica, è come dire che non avrai altro Dio all’infuori di Te. Se ci fai caso, i taoisti preferiscono il piacere, quindi…cerco sempre di migliorarmi nei piatti e li guido fino alla bocca della gente. Questa è una delle chiavi del mio successo!”.
Che tipo di clientela è quella de La Rosetta?
“Tutti! Dal più ricco allo studente. Ogni stagione proponiamo sempre qualcosa di nuovo e che sia per tutte le tasche. Per esempio nel nostro nuovo menu estivo abbiamo tre formule che variano dai 18 ai 70 euro. Certo, tra gli italiani e gli stranieri, sono sicuramente i secondi i nostri clienti più numerosi, perché apprezzano molto la nostra cucina. Anche se non hanno il nostro stesso rapporto col cibo: per loro basta unire un pomodoro con un pesce e il gioco è fatto. Però noi italiani abbiamo la fortuna di vivere in un Paese pieno di eccellenze e all’estero non possono che apprezzarci”.
Oggi si parla molto di prodotti a km 0. Li utilizzate nella vostra cucina?
“Premetto che la nostra cucina è fatta al momento, non c’è niente di precotto, imbustato o congelato, ma ha solo prodotti freschi e di alta qualità. Non possiamo però sempre essere a km 0, perché per proporre un menù di un certo peso, dobbiamo necessariamente prendere le eccellenze da altri Paesi. Lo stesso dicasi per verdure, frutta e altri prodotti, che non sempre sono reperibili solo dalle nostre parti, ma occorre trasportarli. Poi, certo, anche se non a km0, il pesce che utilizziamo è al massimo a 50 km, proveniente, ad esempio, da Civitavecchia, Anzio o Porto Ercole”.
Durante il trasporto questi prodotti non modificano il loro sapore e la loro integrità?
“Nel trasporto mantengono la loro integrità e sapidità perché ci arrivano in un giorno. Certo, il problema è il movimento di merci, però se vuoi la qualità l’eccellenza non si batte. Il mio km 0 è l’assoluta certificazione dei prodotti che servo. Garantisco che c’è un assoluto controllo e mi fido dei miei fornitori”.
Ci fa qualche esempio di prodotto che fa arrivare da lontano?
“Beh, penso alle aragoste. Le migliori sono quelle sarde e su questo non si discute. Le ostriche? Le più buone sono indubbiamente quelle della Francia e del Nord Europa. Lì c’è il loro habitat perfetto, dove possono svilupparsi al meglio. Poi vengono messe in delle saline romane dove vengono affinate, attraverso un mix di acqua dolce e salata che fa perdere loro salinità, conferendo un sapore vegetale e un aspetto perlato e mandorlato. L’importante è che ci sia un intervento naturale dell’uomo, senza nessuna alterazione”.
A questo punto, possiamo svelare il segreto dello Chef Massimo Riccioli?
“Sicuramente la competenza nella scelta della materia prima. Io cerco persone come me, che sanno fare il loro mestiere. Naturalmente devono avere dei punti in comune con l’atteggiamento che ho io verso il cibo, ovvero positività, ricerca e bontà. E’ questo che dà il risultato”.
Roberto Puntato