Emily Dickinson nasce nel 1803 nel Massacchussets e già in giovane età si distingue per la sua forte personalità, abbandonando il Collegio Femminile di Mount Holyoke per non volersi professare pubblicamente cristiana. Il suo carattere ribelle si scontra presto con la società e la mentalità dell’epoca: libera, poco socievole e ostile a qualunque convenzione sociale, la Dickinson deciderà di chiudersi nella scrittura, in particolare nella poesia, per cui non sarà, però, mai apprezzata in vita.
A quiet passion, il ritorno del talentuoso cineasta inglese Terence Davies, è un’opera coraggiosa e bellissima, che sceglie di raccontare la seppur scarna biografia della Dickinson, facendoci riflettere su un’epoca e le sue contraddizioni.
Tenendosi lontano dalla classica ricostruzione filologica delle opere in costume, l’autore di Voci lontane… sempre presenti scandaglia l’animo di una donna che si chiude alla vita, soffermandosi sulle condizioni che ne hanno influenzato il vivere e le idee e avvalendosi della vibrante performance di una sorprendente Cynthia Nixon.
In particolare, sottolinea l’evoluzione di Emily da giovane e fiera anticonformista a donna sempre più chiusa nella sua severa integrità spirituale, in linea con la scelta di passare l’intera vita a cucire poesie protetta dall’amorevolezza del nido familiare. Ne deriva, così, un dramma onesto e struggente, sensibile e profondo, che riesce nella non facile impresa di far rivivere sullo schermo una delle personalità femminili più complesse della letteratura americana, privandola del mito e facendone emergere l’umanità.
A quiet passion è dotato della grazia e dell’eleganza che caratterizzano ogni opera di Terence Davies, con l’aggiunta, però, di un elemento che non era certo scontato trovare in un film con un simile soggetto. Pur se doloroso e introspettivo, è infatti intriso di un’ironia spesso irresistibile, che grazie a dialoghi arguti e brillanti, permette di sorridere perfino su temi forti come il ruolo della donna nella società ottocentesca o il peso della fede religiosa nella vita di tutti giorni.
La voce over della poetessa legge i suoi versi e scandisce le scene, guidando lo spettatore nella visione del mondo attraverso gli occhi della stessa Dickinson: un mondo ricolmo di bellezza eppure intaccato dall’ipocrisia e dalle tensioni di classe e di genere. Ed anche gli interni dell’abitazione di Emily, così come la bella fotografia di Florian Hoffmeister che ne illumina mutevolmente il volto, fungono da scandaglio delle sue silenti inquietudini.
Nel cast, si segnalano il grande Keith Carradine nel ruolo del padre di Emily, vera e propria incarnazione dell’essenza del puritanesimo, e la talentuosa Jennifer Ehle in quello dell’amata sorella Vinnie.
Alberto Leali