Caina (Luisa Amatucci) in passato era una killer su commissione, adesso è invece una “trovacadaveri” che passa le notti in spiaggia a raccogliere i corpi annegati degli extracomunitari che dall’Africa cercano di arrivare in Italia. Oltre a dover stilare un elenco che indichi l’origine e la condizione dei corpi, Caina deve vedersela con una concorrenza spietata: un gruppo di cacciatori di cadaveri illegali, infatti, per lo più immigrati irregolari, ruba dalle rive i cadaveri degli immigrati, vendendoli sottobanco al centro di smaltimento statale dove vengono sciolti nel cemento, grazie anche alla connivenza della sua dirigente, la signora Ziviello (Isa Danieli). Uno di loro, il tunisino Nahiri (Helm Dridi), abbandona il gruppo, disgustato dai suoi metodi disumani, “offrendosi” di lavorare per Caina. L’incontro tra i due non sarà facile, ma subirà degli inattesi sviluppi.
Tratto da un romanzo del co-sceneggiatore Davide Morganti, divenuto prima uno spettacolo teatrale e poi un film diretto da Stefano Amatucci, Caina è un film sconcertante e potente, che condanna la società europea vittima della paura, della rabbia e dell’odio.
La protagonista, interpretata da una efficacissima Luisa Amatucci, è una trovacadaveri che svolge il suo ruolo con maniacale dedizione. Xenofoba, strafottente, fredda, sacrilega, Caina è ossessionata dai morti che raccoglie e che tornano nei suoi sogni a manifestare le loro angosce e a farla sentire colpevole. Eppure, ripulire un Paese sporco dalla sua “immondizia” le procura soddisfazione, quasi come fosse una missione: d’altronde, la questione dell’immigrazione è diventata in Occidente una delle malattie del nostro tempo, una minaccia che provoca timore e avversione, accentuata anche da una lettura assolutamente distorta dell’Islam.
Ambientato in un futuro prossimo e distopico, popolato da un’umanità assetata di denaro e ladra di morti, priva di ogni forma di compassione e assuefatta all’orrore e al dolore, Caina è una favola nera che racchiude le angosce, l’isteria e l’ottusità del nostro tempo. Un’opera che racconta la xenofobia attraverso l’inedito punto di vista di una spietata sacerdotessa della morte, col volto segnato dalla fatica e la durezza di chi dalla vita non si aspetta più niente. Sappiamo poco di lei e del suo passato, se non che uccideva per soldi e che forse ha sofferto per amore; la osserviamo sola, cinica e fiera di una superiorità culturale che deriva solo da incomprensione e paura.
Caina è certamente una delle figure femminili più forti ed estreme che l’attuale cinema italiano ci abbia regalato e porta lo spettatore ad interrogare la propria coscienza e a scuotersi dinanzi a parole che sono divenute terribili luoghi comuni. Così come la protagonista, anche l’opera di Amatucci fa macchia nel panorama dei numerosi film dedicati alla materia, spesso inficiati da uno sguardo fin troppo moralistico o didascalico.
Il rapporto vittima-carnefice tra la protagonista e Nahiri è il nocciolo della meccanica del film e serve a veicolare i loro pensieri e le loro emozioni attraverso una “contrapposta e forzata vicinanza”. Ma anche in questo senso, il film non prende la direzione che è più facile attendersi, mantenendosi, però, sempre fedele alla ferocia e al coraggio della sua denuncia.
Caina sarà in tour in tutta Italia, a cominciare dal 28 maggio alle ore 21 al Cinema Farnese di Roma alla presenza del regista e del cast. Proseguirà il il 29 maggio a Vicenza, il 30 a Padova, il 31 a Bologna, il primo giugno a Venezia, il 5 a Napoli, il 6 a Castellammare, il 7 a giugno e l’11 ad Empoli. Per info e aggiornamenti www.moovioole.it.
Roberto Puntato