Solo: A Star Wars Story ha certamente tutto ciò di cui necessita un’origin story su Han Solo, uno dei personaggi più amati del cinema di fantascienza: gli attesi incontri con Chewbacca e col carismatico Lando Calrissian, la genesi del nome, del Millennium Falcon e dei dadi dorati, l’amore contrastato per la misteriosa Qi’ra, ma anche tanti inseguimenti, duelli, sparatorie ed intrighi.
In un periodo non precisato prima degli eventi dell’Episodio IV, quando la ribellione non è ancora in progetto e l’Impero domina l’intera galassia, Han (Alden Ehrenreich), al servizio di Lady Proxima, si guadagna da vivere attraverso piccoli furti sul pianeta Corellia. Sognando di diventare il più grande pilota dell’universo e di fuggire assieme alla bella Qi’ra (Emilia Clarke), ha il coraggio di provarci ma la sfortuna di essere separato dalla sua amata. Si arruola, così, come pilota, si unisce ai contrabbandieri Tobias Beckett (Woody Harrelson) e Val (Thandie Newton), conosce il wookiee Chewbacca (Joonas Suotamo) e si trova a svolgere un lavoro per il gangster Dryden Vos (Paul Bettany). La pericolosa missione lo porterà anche a ritrovare Qi’ra e a conoscere Lando Calrissian (Donald Glover) e il droide L3-37 (Phoebe Waller-Bridge).
Solo: A Star Wars Story non è stato certo un film facile, specie a causa del travagliato passaggio di consegne, a lavorazione iniziata, dai registi Phil Lord e Christopher Miller all’altalenante ma sempre abile Ron Howard. L’autore di A Beautiful Mind e Il codice Da Vinci si sforza in ogni modo di rispettare la mitologia di Star Wars, riempendo la vicenda di riferimenti, che vanno dalla trilogia originale a quella dei prequel.
Indubbia è la sua padronanza del mezzo cinematografico, che gli consente di mettere in scena, pur in tempi decisamente ristretti, un’avventura spaziale dignitosa e divertente, che non rimarrà negli annali della saga, ma che costituisce comunque un buon prodotto di intrattenimento.
Lontano dall’ambizione dei film più recenti e scegliendo di non inoltrarsi in territori nuovi né sul piano narrativo né su quello estetico, Howard affida lo spettacolo a un’efficace sequela di inseguimenti, sparatorie, misteri e doppi giochi, maneggiando con competenza le citazioni e tutti i cliché del genere. Ne deriva un blockbuster classico e formalmente ben fatto, non imprescindibile ma piacevole, che si segnala per alcune belle sequenze come quella, mirabolante e in stile western, dell’attacco al treno.
Se, però, le molte scene action sono ben concepite, ciò che manca a Solo sono la passione, il pathos e la voglia di osare, che hanno invece caratterizzato episodi come Rogue One o Gli Ultimi Jedi. Il problema è che Ron Howard sente troppo la responsabilità di dover dare un background a uno dei personaggi più iconici della saga: vuole, infatti, dimostrare di esserne all’altezza, ma svela, al contempo, tutta la sua paura di tradire, di deviare, di risultare incoerente.
Così, il suo Solo si presenta come un prodotto capace di soddisfare i nuovi e i vecchi fan e di lasciare la porta aperta ad altre avventure, ma decisamente “minore” e destinato purtroppo a dimenticarsi presto.
Se Alden Ehrenreich, a cui va riconosciuto il merito di evitare imitazioni, non è disprezzabile, pur non possedendo il carisma per ereditare il ruolo di Harrison Ford, se la cavano meglio gli altri attori, in particolare Woody Harrelson, Donald Glover, Paul Bettany ed Emilia Clarke.
Alberto Leali