Cory Lambert (Jeremy Renner) è un cacciatore di predatori nella nevosa riserva indiana di Wind River, nel Wyoming. Un giorno, durante un’escursione tra le nevi, trova il corpo abusato ed esanime di una giovane donna amerinda, figlia di un suo amico (Gil Birmingham). Anche Cory, tre anni prima, ha perso una figlia in circostanze altrettanto oscure e brutali. Per fare chiarezza sul caso, l’FBI invia Jane Banner (Elizabeth Olsen), una recluta di Las Vegas senza esperienza, che chiede l’aiuto di Cory.
Taylor Sheridan, sceneggiatore di Sicario e Hell or High Water, conclude con il suo secondo film da regista, I segreti di Wind River, una sorta di trilogia moderna sulla frontiera americana.
Molti degli stilemi del western vengono, infatti, riproposti in chiave contemporanea, a cominciare dalla figura del cacciatore protagonista, tenebroso e solitario cowboy in cerca di vendetta.
A ciò, Sheridan aggiunge una confezione da thriller che si manifesta un abile pretesto per raccontare l’animo umano e i suoi lati oscuri. Ma anche un territorio in cui è la natura, con la sua forza impietosa e brutale, a dominare gli uomini e a trasformarli in animali ingabbiati nell’immensità bianca delle nevi, incapaci di tenere a bada i propri istinti primordiali.
La raffinata sceneggiatura dipana la vicenda in modo graduale, accurato e coerente e caratterizza i personaggi con pochi ma incisivi dialoghi, facendo emergere tutto il loro carico di dolore, solitudine e tormento.
I segreti di Wind River deve, inoltre, molto del suo fascino ai suggestivi paesaggi del Wyoming, fotografati splendidamente da Ben Richardson, che non si limitano a fungere da cornice, ma diventano, a tutti gli effetti, protagonisti della vicenda.
Notevoli risultano, poi, l’interpretazione di Jeremy Renner, che dona al suo personaggio una palpabile intensità, e di Gil Birmingham, che appare in poche, ma potentissime sequenze, nel ruolo del padre della ragazza stuprata.
I segreti di Wind River è un’opera rigorosa ed elegante, che ha il merito di portare alla luce la realtà di una comunità dimenticata, dove lo Stato è assente e a prevalere è la legge del più forte. Ma anche il complesso di colpa che gli Stati Uniti si portano dietro da un secolo per il genocidio e la ghettizzazione dei nativi americani e il dramma, diffusissimo, dell’abuso e della sparizione delle giovani donne indiane.
Miglior regia al Festival di Cannes 2017 nella sezione Un Certain Regard.
Alberto Leali