Se in molti hanno storto il naso vedendo questo adattamento tra le strade di Roma del romanzo ‘Tutto per una ragazza’ dello scrittore britannico di culto Nick Hornby, noi, invece, diciamo subito che ‘Slam’ non ci è affatto dispiaciuto e che, nonostante qualche rilevante difetto, è un film che funziona. Aiutato da un cast ben assortito, che comprende i due giovani Ludovico Tersigni e Barbara Ramella e i bravi Jasmine Trinca e Luca Marinelli, Andrea Molaioli, regista del pluripremiato ‘La ragazza del lago’, tratta con vivacità e leggerezza di amori, turbamenti, incertezze e precoci responsabilità adolescenziali. La difficoltà maggiore per il regista romano è stata sicuramente quella di rendere sullo schermo i diversi piani temporali del libro di Hornby, che spazia tra un presente dubbioso, un futuro immaginato, o meglio anticipato, e il futuro reale. Le parti meno riuscite e più fiacche di ‘Slam’ sono, infatti, i ripetitivi e alla lunga stancanti flashforward, presenti già nel libro, ma alquanto stonati nel contesto filmico. Ciò che funziona bene, invece, sono i momenti, specie nella prima parte, fra i due giovani protagonisti, raccontati con una grazia e una sincerità che siamo sempre meno abituati a vedere nel cinema italiano contemporaneo. Samuele e Alice hanno 16 anni, ma sono molto diversi: lui è impacciato, bravo a scuola, inesperto con le ragazze e malato di skateboard, lei è più navigata ma con scarse ambizioni, non riuscendo a portare a termine nulla di ciò che inizia. Il loro amore inizia per caso, per noia e soprattutto per sesso. Ma ben presto Samuele si sente soffocare e vuole tornare alla sua vita di prima e soprattutto al suo skateboard, così scompare dalla vita di Alice, finché non scopre che lei è incinta. Da questo punto in poi ‘Slam’ cambia piega e segue Samuele e Alice nel delicato percorso che li condurrà alla genitorialità, fra paure, fragilità, litigi, sogni infranti, amori finiti e poi rinati. Accanto a loro, a dare ben poco aiuto, ci sono genitori giovanissimi e più insicuri e immaturi dei figli (le scene con un coattissimo Marinelli sono fra le più divertenti del film) o fin troppo borghesi e perbenisti. Meglio forse affidarsi alle perle di saggezza del libro del campione di skateboard Tony Hawk, idolo di Samuele, la cui voce over accompagna tutto il percorso di crescita del ragazzo. Ciò che non va in ‘Slam’ è l’aver voluto trasportare la vicenda e la realtà tipicamente british e popolare del romanzo di Hornby in un contesto italiano borghese, in cui storie come quella di Sam e Alice non sono affatto diffuse e in cui nemmeno lo skateboard è un’attività così viva e seguita (non a caso il film non approfondisce mai realmente la passione di Samuele). Ciò che riesce meno è, quindi, paradossalmente ciò che appartiene più propriamente al romanzo di origine, mentre le parti migliori sono quelle che ripercorrono gli stilemi tipici del nostro cinema. Eppure ‘Slam’, pur essendo un film non perfetto, è coinvolgente, garbato, accattivante, divertente. Sicuramente superiore alla media dei film italiani visti di recente.
Roberto Puntato