Arriva l’atteso reboot del film del 2001 che lanciò la carriera di Angelina Jolie: il nuovo Tomb Raider, diretto dal norvegese Roar Uthaug, ha nel ruolo della bella e coraggiosa archeologa il Premio Oscar Alicia Vikander.
Si tratta di una origin story, che racconta di una giovanissima e decisamente più umana Lara Croft, alle prese con le difficoltà del quotidiano e con i dolori mai superati del proprio passato.
Oltre ad una taglia di reggiseno più credibile, la Croft della Vikander è infatti un personaggio più complesso e curato rispetto a quello più esagerato ed inverosimile dei film con la Jolie: figlia di un eccentrico e ricchissimo avventuriero, scomparso quando era ancora in tenera età, la protagonista è cresciuta priva di un reale obiettivo di vita, se non quello di ritrovare il genitore.
Lara si mostra, però, indipendente e risoluta e preferisce guadagnare pochi spiccioli facendo il corriere in bicicletta piuttosto che assumere il comando dell’impero economico di suo padre, ammettendone la dipartita. La giovane è coraggiosa, testarda e determinata e proprio grazie a queste qualità riuscirà finalmente a risolvere il mistero che circonda la sparizione di suo padre, legato ad una tomba leggendaria nascosta su un’isola mitologica al largo delle coste del Giappone.
Il film di Roar Uthaug ci catapulta subito nella vita dinamica e “alla giornata” della protagonista, tra incontri di boxe, consegne in bicicletta e caccie alla volpe, attraverso una regia frenetica e un ritmo concitato, che lo rendono coinvolgente prima ancora dell’arrivo sull’isola.
Anzi, a dire il vero, è la prima parte quella che più ci ha convinti in questo nuovo Tomb Raider, poiché quella più concentrata sulla psicologia della protagonista, alle prese col superamento dell’abbandono della figura paterna, per poter rimettere in moto la propria vita.
In tal senso, il Tomb Raider di Uthuag è un vero e proprio racconto di formazione, in cui l’avventurosa ricerca della protagonista non è altro che il percorso che deve compiere per trovare finalmente se stessa. La sceneggiatura sottolinea, infatti, le fasi che comportano la trasformazione e la consapevolezza di una giovane che supera i propri limiti per poter finalmente guardare al futuro.
Chiaramente i toni più solari della prima parte lasciano il posto all’atmosfera action più avventurosa e spesso cruenta della seconda, quella sicuramente più in linea con il videogioco originario. Qui, i momenti adrenalinici e spettacolari non mancano, ma la vicenda perde i motivi di interesse che avevano illuminato la prima parte, seguendo schemi narrativi e stilistici più simili a quelli dei precedenti film sull’eroina.
Qui troviamo, inoltre, Walton Goggins (The Shield, Django Unchained, The Hateful Eight) che veste, anche in quest’occasione, i panni del villain e, a far da spalla alla bella protagonista, Daniel Wu, curiosamente già presente in Tomb Raider: La culla della vita.
Ottimi sono, inoltre, la fotografia di George Richmond, le scenografie di Gary Freeman, i costumi di Colleen Atwood e, soprattutto, la prova di una “fisicatissima” Alicia Vikander, che veste con disinvoltura un ruolo per lei assolutamente “rivoluzionario”, in cui risulta, però, pienamente credibile. Preparatevi al sequel…
Alberto Leali