Nella Roma dei giorni nostri torna per magia il Duce Benito Mussolini (Massimo Popolizio), ad 80 anni dalla sua scomparsa. Andrea Canaletti (Frank Matano), giovane e ambizioso documentarista bistrattato dalla tv che conta, lo crede un comico e decide di sfruttarne la “bizzarria” per realizzare il documentario che potrebbe portarlo finalmente al successo. Le cose però vanno diversamente e il Duce viene coinvolto da una rapace tv maniaca dello share in uno show in cui potrà ritirar fuori il suo eloquio populista. Il programma avrà un successo straordinario e il duce diventerà una star, ma…
Remake italiano del film tedesco campione d’incassi Lui è tornato di David Wnendt, tratto dal romanzo di Timur Vermes, Sono tornato immagina, muovendosi fra ilarità e riflessione, il ritorno ai nostri tempi del Duce Benito Mussolini,
Luca Miniero e l’attivissimo sceneggiatore Nicola Guaglianone non si concentrano tanto su Mussolini, ma piuttosto sull’Italia di oggi, costruendo un affresco ironico, tagliente e inquietante di un Paese alla deriva, che fa presto a dimenticare. Il confronto con l’originale tedesco porta subito ad alcune importanti osservazioni: pur se la trama rispecchia gli snodi del lavoro di Wnendt, profondamente diverso è lo spirito che permea Sono tornato e soprattutto il personaggio interpretato con grande bravura dall’asso del teatro Massimo Popolizio.
Gli italiani, infatti, diversamente dai tedeschi, non hanno mai del tutto fatto i conti con il loro dittatore, mantenendo nei suoi confronti un atteggiamento in fin dei conti indulgente e dimenticando la dura lezione della storia. Mussolini ha infatti lasciato in eredità agli italiani gli strumenti del populismo e della propaganda, che continuano ad essere largamente utilizzati nella nostra realtà, orientando scelte ed opinioni. Ciò dimostra, riflettendoci, che Mussolini forse non se n’è mai andato e che è molto più simile a noi italiani, di quanto non lo fosse Hitler per il popolo tedesco. Ed è questo l’aspetto che più colpisce e spaventa nell’opera di Miniero: metterci di fronte alla nostra mostruosità, non raccontandoci un dittatore macchietta o facilmente detestabile, ma dalle caratteristiche tangibili e riconoscibili.
Partendo così come una commedia surreale, il film diviene una critica spietata a un Paese che, nell’eventualità di un ritorno alla dittatura, potrebbe commettere gli stessi errori del passato. Sono tornato è infatti un film che parla del nostro oggi, per di più con il linguaggio attualissimo della tv spazzatura, delle candid camera, dei telefoni cellulari. Un linguaggio di “vera finzione” o di “finta verità”, che ci appartiene, perché è quello che usiamo per raccontare e raccontarci, specie a causa dell’influenza dei mass media (e in tal senso negli ultimi anni sono diversi i film che hanno affrontato l’argomento, a cominciare dal caustico Omicidio all’italiana di Maccio Capatonda).
Massimo Popolizio coglie l’essenza di Mussolini, non ricorrendo al trasformismo, all’imitazione o alla parodia, risultando proprio per questo pienamente efficace allo spirito del film. Il finale, pur se un po’ troppo repentino, è un vero pugno nello stomaco, così come il doloroso e lucido discorso dell’attrice teatrale Ariella Reggio.
Roberto Puntato