È un film intimo e personale ‘Una gita a Roma’, opera prima dell’attrice Karin Proia, che racconta una storia che ha radici proprio nella sua infanzia (come il piccolo protagonista, anche la regista ha vissuto nella campagna pontina e ha desiderato a lungo di essere portata in gita nella capitale). Un racconto per diversi aspetti autobiografico, realizzato fra parenti (marito e figlia) e amici, che fotografa una Roma luminosa e calda, illuminata dai colori tenui della fotografia del bravo Daniele Nannuzzi. Una Roma accogliente, protettiva, bellissima, con la sua umanità brulicante e vivissima che ne affolla vicoli e scorci. Un racconto delicato che ricerca la poesia nelle piccole cose e nello sguardo curioso, famelico, sorprendente dell’infanzia, che trova conforto e confronto in alter ego appartenenti ad altre realtà e ad altre generazioni (le adorabili e fondamentali presenze di Claudia Cardinale e Philippe Leroy). La Proia sceglie di utilizzare principalmente la camera fissa per immortalare una Roma variopinta e fascinosa, desiderata e ammirata dai piccoli protagonisti, che ci conducono tra innocenza e imprudenza in una vicenda che intreccia generosità, solidarietà, allegria e avventura in una fitta rete di personaggi secondari. Fiabesche e suggestive le musiche di Nicola Piovani, ottimo il montaggio di Mirco Garrone; le pecche sono, però, riscontrabili nel ritmo molto lento e poco appassionante e nella regia ancora un po’ acerba della Proia. Ma in linea di massima il film è riuscito, e soprattutto centra il suo obiettivo: quello di essere una fiaba poetica sulla crescita, sul cambiamento, su una città magica e sull’importanza della famiglia e degli affetti.
Roberto Puntato