Dal 9 maggio per un mese in mostra le foto vincitrici del prestigioso contest di fotogiornalismo
Presentata oggi a Palazzo Esposizioni Roma la mostra World Press Photo 2024, dal 9 maggio al 9 giugno 2024, promossa da Roma Capitale – Assessorato alla Cultura e dall’Azienda Speciale Palaexpo, ideata dalla World Press Photo Foundation di Amsterdam e organizzata dall’Azienda Speciale Palaexpo in collaborazione con 10b Photography, la rassegna presenta in anteprima nazionale le foto vincitrici del prestigioso contest di fotogiornalismo che dal 1955 premia ogni anno i migliori fotografi professionisti contribuendo a costruire la storia del giornalismo visivo mondiale.
I nomi dei quattro vincitori globali dell’edizione 2024, selezionati tra i 24 vincitori regionali, sono stati annunciati il 18 aprile attraverso i canali online della fondazione; per questa 67a edizione, le giurie globali e regionali formate da esperti internazionali hanno esaminato 61.062 fotografie e progetti inviati da 3.851 fotografi di 130 Paesi.
I lavori premiati documentano alcune delle più urgenti problematiche attuali: da conflitti devastanti e disordini politici, alla crisi climatica e al passaggio sicuro di migranti. Nel raccogliere queste storie importanti, l’esibizione vuole incoraggiare una maggiore comprensione e consapevolezza degli eventi attuali, e allo stesso tempo ricordare l’importanza della libertà di stampa in tutto il mondo.
A vincere il World Press Photo of the year è stato il palestinese Mohammed Salem con la foto Una donna palestinese stringe il corpo di sua nipote. Scattata il 17 ottobre 2023 nell’obitorio dell’ospedale Nasser, l’immagine ritrae una donna palestinese Inas Abu Maamar (36 anni) mentre culla il corpo di sua nipote Saly (5 anni) rimasta uccisa, insieme ad altri quattro membri della famiglia, quando un missile israeliano colpì la loro casa a Khan Younis, Gaza. Mohammed Salem descrive questa foto come un “momento forte e triste che riassume il significato più ampio di quanto stava accadendo nella Striscia di Gaza”. La giuria ha sottolineato come l’immagine sia stata composta con cura e rispetto, offrendo allo stesso tempo uno sguardo metaforico e letterale su una perdita inimmaginabile.
Il premio World Press Photo Story of the Year è stato assegnato alla fotografa Lee-Ann Olwage di Geo per il progetto Valim-babenaambientato in Madagascar. Gli scatti documentano la vita di Paul Rakotozandriny, “Dada Paul” (91 anni) che convive con la demenza da 11 anni ed è assistito da sua figlia Fara Rafaraniriana (41 anni).
In Madagascar, la mancanza di sensibilizzazione del pubblico riguardo la demenza fa sì che le persone che mostrano sintomi di perdita di memoria siano spesso stigmatizzate. La storia di Fara e Dada Paul ben rappresenta il principio del valim-babena: il dovere dei figli adulti di aiutare i propri genitori. In malgascio è considerata come un’espressione d’amore, la restituzione di un debito morale per la cura che i genitori dedicano alla crescita dei figli.
Il venezuelano Alejandro Cegarra, The New York Times/Bloomberg, si è aggiudicato il premio World Press Photo Long-Term Project con il lavoro I due muri. Dal 2019, il Messico si è trasformato da un Paese che accoglieva migranti e richiedenti asilo al confine meridionale a un Paese che applica rigide politiche di immigrazione molto simili a quelle degli Stati Uniti. L’immigrazione e le politiche estere adottate dalle diverse amministrazioni statunitensi, i protocolli COVID-19 e i tumulti politici ed economici nel Centro e Sud America concorrono alla crisi in atto ai confini del Messico. Questi elementi espongono le famiglie di migranti nelle città di confine a violenza, a corruzione e condizioni precarie. Forte della propria esperienza di migrazione, dal Venezuela al Messico nel 2017, il fotografo Alejandro Cegarra ha avviato questo progetto nel 2018 per documentare la situazione di queste comunità di migranti profondamente vulnerabili e mettere in luce, con rispetto e sensibilità, la loro resilienza.
Il World Press Photo Open Format Award è andato a Julia Kochetova con La guerra è intima, un’opera che intreccia immagini fotografiche con poesia, clip audio e musica. La fotografa ucraina ha realizzato un sito web che unisce il fotogiornalismo con lo stile documentaristico di un diario personale per mostrare al mondo l’esperienza di vivere con la guerra come realtà quotidiana. Il progetto offre non solo uno scorcio intimo sulla vita sotto assedio, ma anche uno sguardo più profondo su come la guerra viene elaborata e su come, nonostante la tragedia, il dolore e il trauma, le esperienze possano essere condivise oltre i confini.