Al cinema dal 4 maggio
Esce in sala giovedì 4 maggio La quattordicesima domenica del tempo ordinario, il nuovo film di Pupi Avati, con Gabriele Lavia, Edwige Fenech, Massimo Lopez, Lodo Guenzi, Camilla Ciraolo, Nick Russo, Cesare Bocci distribuito da Vision Distribution.
La trama
Bologna, anni 70. Marzio, Samuele e Sandra sono giovanissimi e ognuno ha un suo sogno da realizzare. La musica, la moda, o forse la carriera. I due ragazzi, amici per la pelle, fondano il gruppo musicale I Leggenda e sognano il successo. Sandra è un fiore di bellezza e aspira a diventare indossatrice. Qualche anno dopo, nella quattordicesima domenica del tempo ordinario, Marzio sposa Sandra mentre Samuele suona l’organo. Quella ‘quattordicesima domenica’ diventa il titolo di una loro canzone, la sola da loro incisa, la sola ad essere diffusa da qualche radio locale. Poi un giorno di quei meravigliosi anni novanta in cui tutto sembra loro possibile, si appalesa all’improvviso la burrasca, un vento contrario e ostile che tutto spazza via. Li ritroviamo 35 anni dopo. Cosa è stato delle loro vite, dei loro rapporti? Ma soprattutto cosa ne è stato dei loro sogni?
Recensione a cura di Alberto Leali
È un film intimo e autobiografico La quattordicesima domenica del tempo ordinario, forse l’opera più sincera della lunga e variegata carriera di Pupi Avati.
Una storia densa di gioie, dolori e rammarichi, illuminata anche stavolta da uno splendido cast, che da sempre è il fiore all’occhiello della filmografia del regista bolognese.
Oltre, infatti, ai veterani Gabriele Lavia, Massimo Lopez ed Edwige Fenech, a cui Avati regala il ruolo più bello e importante della sua carriera, spiccano Lodo Guenzi, Camilla Ciraolo e Nick Russo, che interpretano con intensità e convinzione i tre protagonisti da giovani.
La quattordicesima domenica del tempo ordinario è il rendiconto, doloroso eppure non chiuso alla speranza, di un uomo fallito (Lavia/Guenzi) che non ha smesso di credere alla grande occasione che potrebbe cambiargli per sempre la vita.
Un uomo deluso dagli affetti e da una carriera musicale mai esplosa, a cui non è rimasto più nulla se non il rifugiarsi nel ricordo di un padre (Cesare Bocci) che non ha mai conosciuto. Un uomo che, però, ha ancora la forza di rimettersi in gioco, anche a costo di inevitabili compromessi, e di credere che un nuovo inizio, in fondo, sia ancora possibile.
Sono molti i momenti toccanti del film, a riprova di una sensibilità registica e di scrittura che non può che far breccia nel cuore di chi ha condiviso anche solo un pezzo della storia del nostro umanissimo protagonista.
Le musiche di Sergio Cammariere e Lucio Gregoretti accompagnano alla perfezione un’opera malinconica che si muove tra i sogni del passato e i fallimenti del presente e che non mancherà di conquistare chi ama l’Avati più intimista e riflessivo.
Alcuni passaggi narrativi poco convincenti nulla tolgono al valore di un’opera che è la summa dell’universo di Avati: un autore per cui, da sempre, il cinema è vita.